Gli esponenti di spicco della destra populista nostrana hanno per certi versi ragione: il presidente argentino potrebbe risultare adatto al Ticino
Tito Tettamanti, Lorenzo Quadri, Paolo Pamini e altri esponenti di spicco della destra populista nostrana – ammiratori più o meno dichiarati di Javier Milei – hanno per certi versi ragione: lo squilibrato presidente argentino potrebbe risultare particolarmente adatto per un contesto come quello ticinese.
Milei lo ha dimostrato l’ultimo fine settimana attraverso una vicenda tanto assurda quanto nefasta: si tratta del caso ‘$LIBRA’, criptovaluta nata e defunta in men che non si dica, con in mezzo una truffa che ha permesso a un gruppo di ignoti di guadagnare in poche ore circa 100 milioni di dollari. Il tutto reso possibile grazie all’endorsement di Milei su X e Instagram. Un post pubblicato la sera di venerdì scorso sui suoi account ufficiali (seguiti da quasi 10 milioni di utenti), in cui il presidente argentino celebrava la comparsa di un token “giunto per sostenere le piccole e medie imprese nazionali”, con tanto di link al sito di ‘VivaLaLibertadProject’, impresa privata promotrice di $LIBRA, la criptovaluta sulla quale i follower del presidente sono stati invitati a investire. Nel giro di alcune ore la valuta digitale è passata da zero a una capitalizzazione di circa 4 miliardi di dollari. Raggiunto il picco gli investitori iniziali si sono liberati delle loro $LIBRA, realizzando un profitto di quasi un centinaio di milioni. Scoppiato il bubbone, la criptovaluta è tornata a un valore vicino allo zero, mentre il denaro di migliaia di utenti che avevano seguito il “consiglio” presidenziale svaniva nel nulla. Milei ha reagito solo a cose fatte: prima cancellando il suo tweet iniziale di lancio del token, poi prendendo le distanze da un “progetto privato con il quale non ho alcun vincolo” e che aveva deciso di sponsorizzare “senza essere a conoscenza di tutti i dettagli”. Leggerezza o complicità da parte del presidente libertario? Le speculazioni su quale sia stato il vero ruolo di Milei in quella che si è rivelata a tutti gli effetti una truffa conosciuta come ‘rug pull’ – ovvero gonfiare deliberatamente il prezzo di un attivo finanziario per poi venderlo velocemente, ottenendo un lauto profitto – sono all’ordine del giorno.
Chi meglio di Milei allora quale testimonial della criptocapitale luganese. Oppure per dare una mano agli amici, o agli amici degli amici, in qualche tentativo di frode. A dire il vero, ai noti esponenti locali del “meno Stato” ciò che sicuramente affascina di questo ignobile personaggio sarà la disinvoltura con cui è riuscito a veicolare un discorso di assoluto disprezzo per i principi fondanti delle democrazie liberali (Milei non è l’unico, certo). Il tutto condito da un approccio economico ultra-liberista degno dei migliori allievi della scuola di Chicago.
Che poi la motosega di Milei si sia abbattuta, impietosa, sulla salute pubblica, sull’educazione e sulla ricerca scientifica; che il costo del suo programma di disinflazione sia stato scaricato non sulla “casta” politica – come promesso in campagna – ma sui pensionati e sui più fragili; che il suo pacchetto di misure economiche sia una brutta copia dello schema applicato da Martínez de Hoz, ministro dell’Economia dell’ultima dittatura che governò l’Argentina negli anni Settanta, e che portò alla totale distruzione del tessuto industriale locale, nonché a un indebitamento esorbitante che ancora oggi pesa come un macigno sulle finanze pubbliche; beh, anche tutti questi potrebbero essere considerati soltanto dei dettagli. Dettagli che non impediscono ai vari neo-libertari di casa nostra di affermare, svergognati, che pure da noi ci vorrebbe uno così.