Cantonali 2023: l’80% dei votanti è soddisfatto della propria condizione economica. Il modello clientelare è riuscito a produrre una democrazia su misura
Più uomo che donna, sopra i 45 anni, perlopiù in pensione, con una formazione superiore e molto o abbastanza soddisfatto della propria condizione economica. Ecco l’identikit dell’elettore medio che ci restituisce l’indagine dell’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna. Uno studio approfondito sulle caratteristiche, tendenze e peculiarità dell’elettorato ticinese che, se non altro, ha il pregio di ricordarci che il tempo che ci separa dal prossimo appuntamento con le urne è ormai inferiore a quello trascorso dalle ultime Cantonali.
Ergo, la strada verso il 2027 è in discesa e i vari “strateghi” dovrebbero prendere nota di un dato che emerge nitido dall’analisi di Mazzoleni, Pilotti e Rosco: in Ticino il diritto di voto così come – e da chi – viene esercitato, è soprattutto uno strumento teso a garantire il mantenimento dello status quo. Si va a votare, principalmente, per conservare posizioni e privilegi acquisiti. Un comportamento intuibile osservando l’esito di alcune votazioni recenti, ma ora confermato scientificamente da un eclatante 80% degli elettori attivi (un corpo composto da poco più del 50% degli aventi diritto, alle ultime Cantonali) che si dice molto o piuttosto soddisfatto della propria situazione finanziaria. Dall’altro lato, cioè tra gli astensionisti (il 44% dei cittadini che ha deciso di non votare nel 2023), circa la metà si dichiara poco o per nulla soddisfatto a livello economico.
È davvero notevole: il sistema clientelare-partitico, che riguarda tutti gli schieramenti che si spartiscono i seggi e le poltrone che contano, è riuscito a produrre una democrazia “su misura”. È proprio in questo senso che il percorso della Lega può risultare paradigmatico: nato come movimento anti-establishment per rivendicare la propria fetta di torta, tre decenni dopo rischia di finire fagocitato da chi – l’Udc – della sua chiara identità (di casta) borghese ne fa proprio una pietra miliare, a tal punto da arrivare ad agglutinare intorno a sé una buona quota delle preferenze del mondo economico (“Una volta qui era tutto Plr...”).
Nel mare magnum degli astensionisti si nasconde tuttavia un’opportunità, e pure un rischio: chiunque riuscisse a dialogare con i “disertori” (giovani, scettici, disincantati) avrebbe in tasca il successo. Chiunque. Infatti, gli ultimi tentativi di rottura – sia a livello locale che internazionale – non sono troppo rassicuranti. Dall’estero si può menzionare, tra i tanti, il caso Milei: un patetico “prodotto” mediatico, ammirato dalle destre più becere di tutto il mondo (compresa la nostra).
E in Ticino? Il fronte progressista con presenza in governo (Ps e Verdi), colui che dovrebbe più degli altri almeno tentare di mettere in discussione lo stato delle cose, alle Cantonali del 2023 ha provato ad avvicinarsi alla società civile attraverso la figura “laica” di Boas Erez: ex rettore della poco laica Usi, quasi rettore del per nulla laico Collegio Papio, membro laico del promiscuo Consiglio della magistratura, di fresca nomina in qualche altro Cda… Non proprio il miglior esempio di una candidatura dirompente.
Resta il fatto che circa la metà dei cittadini non vota, ma quasi il 90% di questi – suggerisce lo studio dell’Osservatorio di Losanna – potrebbe rientrare se qualcuno riuscisse a intercettarli. Un tale scenario implicherebbe, tra l’altro, andare a scombussolare completamente gli attuali equilibri. Un’ipotesi davvero poco attrattiva per la gran parte dei partiti storici. La ricetta su come farlo, però, non viene fornita da nessun esperto: nel mentre la domenica 11 aprile 2027 si avvicina, inesorabile.