Le denunce sporte dall’avvocato Fornara per conto dei suoi rinomati clienti costituiscono un chiaro messaggio ‘politico’ (politico sta per intimidatorio)
Che non sia una logica squisitamente giuridica a sorreggere le varie querele depositate nei giorni scorsi nell’ambito del caso ‘Hospita’ (Cristina Maderni, Sabrina Aldi, Claudio Camponovo e la società Swiss Anesthesia Solutions nei confronti dei deputati Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini per presunti reati contro l’onore in relazione ai documenti diffusi durante la conferenza stampa dello scorso 17 giugno in cui è stata presentata l’interrogazione n.115.25; Sabrina Aldi e Claudio Camponovo per il medesimo genere di reati nei confronti de laRegione per l’articolo pubblicato lo scorso 30 luglio dal titolo: ‘Continua il giallo… della gola profonda’) lo conferma il fatto che, all’appello, mancherebbe almeno una denuncia: quella nei confronti del presidente del governo Norman Gobbi, “reo” di aver insinuato per primo, mentre veniva sentito dal pg Andrea Pagani in quanto persona (ben) informata sui fatti, di una presunta combine sulle nomine. Ma è chiaro: un conto è chiamare in causa i due “scappati di casa” dell’Mps; un altro sarebbe andare contro un consigliere di Stato (un vecchio e sempre opportuno proverbio latino ci ricorda che “cane non mangia cane”).
Ergo, le denunce sporte dall’avvocato Nicola Fornara per conto dei suoi rinomati clienti non costituiscono altro che un chiaro messaggio “politico” (e qui politico sta per intimidatorio). Un preteso “altolà” rispetto a una vicenda di palese interesse pubblico e istituzionale, tant’è che addirittura i servizi giuridici del Gran Consiglio, in una recente nota indirizzata alla Commissione parlamentare della gestione, affermano che l’interrogazione solleva rilevanti quesiti “in merito alla trasparenza dell’azione pubblica e alla necessaria separazione tra politica, interessi economici e giustizia”; tant’è che la Gestione ha deciso, alla luce del parere giuridico, di esercitare l’alta vigilanza attraverso la creazione di una sottocommissione ad hoc.
“Ma le accuse nei confronti dei querelanti sono gravi – sostiene Fornara –. L’onore va tutelato”. E l’immunità parlamentare di cui godono Pronzini e Sergi? “Non copre tutto. E il parlamento può decidere di revocarla”. Già. Infatti, l’articolo 51 della legge sul Gran Consiglio definisce i due ambiti in cui vige tale immunità: uno concreto, relativo al luogo (le deliberazioni in aula e nelle Commissioni); l’altro astratto, riferito al contenuto (gli atti parlamentari). Di fronte a tutti questi deterrenti – ignorati –, la cocciutaggine dei querelanti può essere soltanto spiegata dalla volontà di ottenere un effetto dissuasivo. Spoiler: di solito in questi casi l’effetto sortito è l’esatto opposto.
Stessa musica per la querela contro laRegione e il paradossale auspicio, ribadito a più riprese, che tale denuncia non diventasse di dominio pubblico. Della serie: “Caro giornale, ti querelo. Ma non dirlo a nessuno”. Qui è la figura di Sabrina Aldi a incarnare alla perfezione, a mo’ di sintesi, la pretestuosità della denuncia: avvocata, già granconsigliera, già segretaria giudiziaria del Ministero pubblico, già vicecancelliera del Tribunale penale cantonale, già patrocinatrice de laRegione nella causa – vinta a Losanna – per l’accesso alle motivazioni del decreto di abbandono emesso nei confronti di don Chiappini; (già) persona appartenente alla cerchia di massima fiducia del neoresponsabile politico della magistratura, dal quale sembra aver “ereditato” il modus operandi, riconducibile a una particolare interpretazione del concetto ‘diritto all’informazione’: gli interessi personali vengono sempre prima di qualsiasi interesse pubblico, pur manifesto che sia.