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Referendum a Lugano, l’altra faccia delle zone 30

Il voto del 28 settembre rappresenta un banco di prova per la credibilità di alcuni partiti. Ma anche delle commissioni di quartiere

In sintesi:
  • La narrazione portata all’eccesso dai referendisti, si scontra con numeri esigui di un progetto che intende aumentare di poco le zone 30
  • Tra i favorevoli al progetto ci sono anche svariate commissioni di quartiere, e un ‘no’ sarebbe un brutto colpo per tante di loro
Scritte che potrebbero aumentare a Lugano
(Ti-Press)
5 settembre 2025
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Tra poche settimane, Lugano dovrà scegliere: dire sì o no all’estensione del limite dei 30 km/h. A prima vista, il messaggio municipale in votazione il 28 settembre dovrebbe portare a un risultato chiaro. Tuttavia, quanto emergerà dalle urne rischia di assumere tutt’altro significato. A differenza dell’ultima votazione popolare del 2021 – quando a Lugano fu approvato il Polo sportivo e degli eventi dal costo di 167 milioni di franchi – l’oggetto sul quale i cittadini sono ora chiamati a esprimersi è di ‘solo’ 1,39 milioni di franchi. Oltre cento volte meno rispetto al credito approvato nel 2021.

Anche i numeri relativi alle strade coinvolte nella misura proposta sono decisamente più contenuti. Dei 318 km di strade a Lugano, la Città è proprietaria di 197 km. Di questi, 71 km (pari al 36%) sono già soggetti a limiti di 20 o 30 km/h. Il progetto prevede l’introduzione di nuove ‘zone 30’, e due ‘zone 20’, per un totale di 37 km, ovvero il 19% delle strade comunali. Tuttavia, se si considerano anche le strade di proprietà di Cantone, Confederazione o privati, la percentuale passerebbe dal 22 al 34%. In altre parole, il Municipio propone di introdurre la moderazione solo su poco più del 10% delle strade sul proprio territorio. Altro che il “si andrà piano ovunque” ripetuto a pappardella da chi raccoglieva le firme.

Ma è proprio su queste “menzogne” (cit. Danilo Baratti, capogruppo ecologista) che Lega e Udc hanno costruito il grosso della campagna di avvicinamento alla votazione, enfatizzando quanto sta avvenendo a Zurigo o a Losanna, dove si vogliono introdurre limiti ancora più stretti. “Ci saranno più radar”. “È una cifra folle”. “Danneggia il commercio”. “È un’idea rosso-verde”. “Berna non lo accetterà”. E, a tal proposito, è notizia di questi giorni che il Consiglio federale ha inasprito i criteri, ma solo per le strade a scorrimento. Nulla a che vedere con il referendum luganese. Tutta questa è stata una narrazione portata all’eccesso dai referendisti per fare leva sui firmatari. Un ‘sì’ a questa votazione vorrà dire che i luganesi sono stufi di sentire questi slogan quando si parla di mobilità. Inoltre, se i voti a favore saranno numerosi, chi ha supportato la raccolta firme dovrà farsi due domande e rendersi conto che ha interpretato male la ‘busecca’ dei luganesi prima di avviare la campagna o, semplicemente, ha ascoltato solo la sua di pancia.

Se invece dovesse prevalere il ‘no’, a riflettere dovrà essere il Municipio. Ma anche le commissioni di quartiere. Il messaggio è infatti una risposta alle continue richieste che giungono da molte commissioni, che tra i propri compiti hanno quello di fungere da antenna sul territorio e sviluppare iniziative, come la moderazione del traffico nelle zone sensibili. Un ‘no’ sarebbe un colpo basso per loro e la dimostrazione che la riforma di questi organi – attuata dal Municipio nel 2018 per evitare un’eccessiva politicizzazione, con l’inserimento di metà dei rappresentanti scelti dalla popolazione – non ha raggiunto i risultati sperati, ossia garantire una rappresentatività più ampia del quartiere. D’altronde, se tra gli eletti dalle assemblee ci sono spesso dei ‘trombati’ dalle precedenti elezioni comunali, si consoliderebbe il dubbio che le commissioni, in certi casi, servano solo a mantenere un piede nelle istituzioni, in vista del prossimo appuntamento con le urne, e non ad ascoltare il cittadino per promuovere la politica dal basso.