laR+ IL COMMENTO

Se il pranzo al sacco lo porta il telecronista

La tanto celebrata ‘narrazione sportiva‘ di Lele Adani, ex calciatore. Dopo Israele-Italia (ma ancor prima) un solo desiderio: aridatece Nando Martellini

In sintesi:
  • La telecronaca dello scorso 8 settembre, la negazione totale di uno dei principi chiave della comunicazione: parlare uno alla volta
  • Quanto alle urla, pare che se oggi non gridi come un ossesso non puoi fare il telecronista
Daniele Adani detto Lele
11 settembre 2025
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“L’attesa è finita!”. Con sole tre parole, il 7 luglio del 2013 il telecronista Andrew Castle, voce del tennis per la Bbc, annunciò in diretta la vittoria di Andy Murray, primo tennista di casa a vincere Wimbledon dopo 79 anni. “L’attesa è finita!”, disse Castle senza gridare, abbandonandosi a lunghe pause tra una considerazione e un’altra su quanto di straordinario era appena successo. Il resto della storia televisiva di quel momento lo fecero il giudice di sedia nel riepilogare il punteggio, il tripudio di chi la sera prima si era accampato davanti ai cancelli dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club e l’incredulità di Murray, con le mani tra i capelli come la moglie Kim, in tribuna. Anch’ella con le mani tra i capelli.

“L’attesa è finita”. Di quella misura nel giocarsi le parole, l’Italia del calcio ha avuto il suo maestro in Nando Martellini, il telecronista gentiluomo che in meno di dieci parole (“Campioni del mondo, Campioni del mondo, Campioni del mondo”) fece la storia della tv. “Prepara un inizio e due finali. Magari non li seguirai, ma tu prepara cento: userai uno, però prepara”. Erano i consigli di papà Nando alla figlia Simonetta, telecronista come lui ma per la pallavolo. In un pomeriggio romano, di quel triplice “Campioni del mondo” Simonetta ci disse: “Secondo me papà si era preparato. Uno che ti dà un consiglio del genere non può non averlo fatto”. È così che siamo arrivati a “Il cielo è azzurro sopra Berlino”, “Abbracciamoci e vogliamoci tanto bene” e a tutta la poesia, istantanea e non, di un calcio straparlato non solo prima e dopo le partite, ma pure durante. Poesia divenuta negli anni logorrea.

“In area di rigore c’è il pranzo al sacco! Ma che partita è? Sembra una gita scolastica!”. E vai di urla, risate grasse e pacche sulle spalle (le pacche ce le siamo immaginate noi). Parole di Lele Adani, ex calciatore che lunedì scorso, insieme al telecronista Alberto Rimedio, ha commentato per la Rai Israele-Italia 4-5, match dal risultato scapoli-ammogliati sì, comunque in diretta su una delle reti del servizio pubblico. La telecronaca è stata (come sempre) un sovrapporsi di schiamazzi, col Rimedio a santificare i gol e l’Adani a coprirlo con i dettagli tecnici, nella negazione totale di un principio chiave della comunicazione: parlare uno alla volta. Quanto alle urla, pare che se oggi non gridi come un ossesso non puoi fare il telecronista. Ma c’è di peggio: pare che se decidi di commentare le imprese di Jannik Sinner senza farne il tifo, la gogna social ti accusa di imparzialità, onta di derivazione tipicamente calcistica. È successo mesi fa all’integerrima Elena Pero di Sky Sport.

“Il suo racconto del calcio ha portato a una rivoluzione nella narrazione sportiva”. “Una comunicazione capace di miscelare competenza e passione, filosofia e valori, con un linguaggio unico, diretto ma ricco di idee e sfumature”. Così introdotto nelle note ufficiali, Lele Adani e tutti i suoi valori (qualcuno ricorderà il plurimo “cogl****” rivolto via social a un collega senza farne il nome) saranno presto a Endorfine, pregevole iniziativa della Città di Lugano che porta ogni anno in riva al Ceresio tanti validi neurotrasmettitori della cultura. Tema dell’edizione di quest’anno è ‘Pezzi’: quale migliore occasione per l’ex calciatore (dalla lunga esperienza in panchina) per rimettere insieme i cocci dell’odierna telecronaca sportiva andata in frantumi, evento a suo modo sacro che vede ribaltate le parti del Fantozzi di Italia-Inghilterra: “Frittatona di cipolle, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero” non è più il ragionier Ugo davanti alla tv, ma l’uomo dietro al microfono.