Scatta il Motomondiale e noi facciamo il punto della situazione con uno storico manager delle due ruote che conosce piloti e paddock come nessun altro
Riparte il Motomondiale, stagione 2025, da quella Thailandia che è stata anche teatro della presentazione dei Team, con evento a Bangkok sulla falsariga di quanto fatto dalla Formula 1 a Londra alla O2 Arena. Sulla pista di Buriram, a circa sei ore dalla capitale, i motori inizieranno a ‘dar del tu’ al cronometro che conta, dopo i test invernali. Per 21 anni abbiamo lavorato assieme, ne ho condiviso emozioni, vittorie e anche drammi, e come me stavolta non sarà al via del Mondiale, ma ritrovarlo al telefono è un grande piacere. Lui è Carlo Pernat, storico manager, bloccato a casa da un enfisema ai polmoni che lo perseguita da settembre, curato con cortisone e ostaggio di una vita senza viaggi, perché usare l’aereo per lui oggi è impossibile. Non facile dopo 46 anni (guarda caso il numero che fu di Valentino Rossi) nell’ambiente da protagonista.
«Ciao Tambu, sì, sono attraccato al molo, non posso più fare il manager. Ma è stata anche una mia scelta. Le vie di mezzo non sono per me, e avevo già comunicato al mio pilota Enea Bastianini che per il 2025 sarei restato per dare consigli, ma nulla più. In fondo, non va dimenticato, ho 76 anni. Però non mi chiamo fuori dal mio ambiente! Continuerò a fare l’opinionista, per GPone.com, Radio24, e un po’ anche per Sky».
La voce di ‘Carletto’ Pernat all’inizio è spenta rispetto al solito, ma appena entra in clima motori si accende trasudando passione e competenza. Come sempre. E ascoltarlo diventa un piacere. In fondo, nei suoi 46 anni da protagonista come manager ha vinto 13 Mondiali piloti, spaziando all’inizio anche dal cross alla Parigi-Dakar, e diventando dal 1986 riferimento della velocità in pista.
«Quanti nomi ho guidato? Valentino Rossi, Max Biaggi, Loris Capirossi, Loris Reggiani, Marco Simoncelli, Andrea Iannone, Enea Bastianini e tanti altri. I Mondiali costruttori non li conto, quelli con i piloti invece sì. Con un rammarico targato 2006, quando senza l’incidente al via a Barcellona (Gibernau fece cadere il compagno di squadra in Ducati Capirossi) Loris avrebbe vinto il titolo. Alla fine, infatti, perse di 23 punti, ma a causa di quell’incidente corse anche due Gp da infortunato, senza far punti».
Inutile invece tornare su Marco Simoncelli. Ero in telecronaca a Comano, lui era nella clinica medica dell’ospedale al circuito in Malesia. Mentre a stento dovetti trattenere le lacrime (che sgorgavano umilmente in silenzio) ‘vendendo’ al pubblico una flebile speranza di vita, Carlo mi aveva già scritto la sentenza del destino che non poteva essere divulgata senza comunicati ufficiali. Inutile riparlarne con Carlo, perché quel legame tra di noi resterà sempre tale e profondo. Lacerante nel ricordo.
Invece è molto utile la lettura del mondo a due ruote vissuto da Pernat: «Innanzitutto c’era un Mondiale prima del 1992 fatto di romanticismo, dove i piloti contavano al 70%. I motori a due tempi, le 500cc, tutto alla mano, piloti che definirei un po’ zingari. Poi è arrivata la Dorna, ha portato più ordine, professionalità. Il secondo grande cambiamento a inizio millennio, con l’avvento dei motori a 4 tempi, tante moto strane, la peggiore su tutte la 800cc. Non amata dai piloti, e infatti si è poi passati alla 1000cc, che ha dato stabilità per anni. Il Covid apparentemente è stato un altro spartiacque, anche perché le risorse finanziarie sono venute meno, si è corsa una stagione strana, ma il vero spartiacque doveva ancora arrivare: l’inizio del dominio targato Gigi Dall’Igna e Ducati».
Un dominio, aggiungo di mio, figlio anche dell’infortunio a Marc Marquez a inizio stagione 2020 (anche se si era già a luglio) in quel di Jerez, col rientro anticipato sempre in Andalusia che ha fatto precipitare il quadro medico. Fuori Marc, è stata una sorta di ‘tana liberi tutti’, e dopo un successo a firma Suzuki (poi sparita dai radar del Motomondiale) e uno Yamaha con Fabio Quartararo, è salita in cattedra la Ducati.
«Ha smazzato le carte, e il jolly lo ha sempre avuto Gigi. È stato anche lo spartiacque dal dominio degli ingegneri giapponesi a quelli italiani. La Ducati è imbattibile, userà anche quest’anno la Gp24. È perfetta. È già stato deliberato il motore dell’anno scorso. La lotta sarà sicuramente tra Pecco Bagnaia e Marc Marquez nel team ufficiale, ma vedo il piemontese favorito, perché lavora col suo team da più anni. Vista la qualità della moto, però, non escluderei sorprese dagli altri ducatisti, tutti con la Gp24. Alex Marquez, Franco Morbidelli e Fabio Di Giannantonio hanno già tanta esperienza». Cruciale sarà per Bagnaia evitare quelle cadute in gara che lo hanno allontanato da Martin, mentre per Marc le scivolate alla ricerca del limite dovranno pure essere ridotte.
E poi vengono gli altri. «Sì, iniziando dall’Aprilia, che parte però in salita. Il campione del mondo Jorge Martin ha già subito due operazioni nell’ultimo mese e non sarà al via del campionato. Prima alla mano destra, poi al braccio sinistro, Un grande handicap per più motivi, perché lo sviluppo è caduto tutto sulle spalle di Marco Bezzecchi, che ovviamente ha dato le sue sensazioni, direttive. Che non per forza sono quelle che faranno del bene a Martin quando rientrerà».
E poi ci sono le giapponesi, che sembrano entrate in una spirale negativa senza via d’uscita. «A loro favore sono arrivate importanti concessioni, e hanno deciso di spendere molto per provare ad avvicinarsi alla Ducati. In casa Yamaha, dove c’è la novità del Team Pramac fresco di titolo mondiale, vedo però agguerrito solo Fabio Quartararo. Mi aspetto qualche podio, magari una top 6 a fine stagione nel Mondiale. Ma sarà difficile vedere una moto costante nelle prestazioni su tutti i tracciati. In Honda la situazione è diversa. Ha preso dall’Aprilia Romano Albesiano come direttore tecnico del reparto corse, un uomo di grande esperienza, che portò al successo la casa di Noale nel Mondiale Superbike. Vent’anni nel gruppo Piaggio e ora al servizio di una marca che deve risalire per prestigio le gerarchie. E che probabilmente lo farà confrontando tanti dati tra i suoi 4 piloti per crescere. Ora, però, Honda parte di sicuro più indietro rispetto a Yamaha».
E poi c’è la Ktm, reduce da un inverno turbolento che sembra risoltosi coi creditori che hanno accettato il piano di ristrutturazione del debito: «Col salvataggio e altri innesti di capitale, la parte sportiva si può salvare. Però hanno mandato via Fabiano Sterlacchini, dopo 3 anni di lavoro assieme. Per me è stato un errore. Lui è un uomo cresciuto a Borgo Panigale, sotto Gigi Dall’Igna, l’ideale per avvicinarsi alla Ducati. Il problema della casa austriaca è legato alla ciclistica, ha un telaio troppo rigido che distrugge le gomme. Ora servono soldi per gli sviluppi, ma vista la situazione non sarà facile trovarli. Pedro Acosta è un fenomeno, alla Marc Marquez. Potrà migliorare ulteriormente, ma anche lui poi avrà bisogno della crescita della moto».
Non solo Acosta sarà atteso nel 2025, ma anche – in Moto2 – David Alonso, il colombiano che ha dominato l’anno scorso la più piccola delle cilindrate. «È chiaramente tra i favoriti, anche se al debutto. Non dimenticherei però Aron Canet o Diogo Moreira. E poi è l’anno della verità per Tony Arbolino (pure ex cavallo della scuderia Pernat). È nel Team Pramac, ha un ponte ideale per passare nel 2026 nella MotoGP con la Yamaha. Ma dipende da lui, deve finire almeno nei primi tre in classifica».
Aggiungiamo inoltre alla lista dei tanti pretendenti Jorge Navarro, del Team basato ad Agno Klint Forward Factory Racing. Nella Moto3, l’unico svizzero al via della stagione 2025 – Noah Dettwiler – ha iniziato male la stagione, cadendo nei test a Jerez. Operazione a una mano e nessun viaggio in Thailandia, sperando di vederlo all’opera nella seconda prova, prevista in Argentina. «La Moto3 è sempre un’incognita a inizio anno, a maggior ragione con metà schieramento targato Ktm e tante squadre che hanno dovuto portar soldi per avere i ricambi necessari in stagione, vista situazione della casa austriaca. Mi aspetto un ulteriore salto di qualità da parte di Luca Lunetta, del Team Sic58. Può essere la sorpresa».
Non una sorpresa, invece, ritrovare Carlo Pernat bello pimpante a fine telefonata, nel suo mondo, quasi avvolto dall’odore del paddock e dalle vibrazioni dei motori. E i ricordi sono davvero tanti: «Sono molto legato a Jan Witteveen, il mago olandese con cui ho lavorato per vent’anni. Oggi Gigi Dall’Igna mi ricorda lui, un uomo che ha dato la sua impronta alzando l’asticella per tutti quanti».
A noi invece ‘Carletto’ ricorda semplicemente… Carlo Pernat. Non è in forma, faticherà a vedere le gare da casa, ma appena si accenderanno i motori e si parlerà di Motomondiale, s’illuminerà di quella energia unica chiamata passione. Come quella per il suo Genoa calcio (non ne abbiamo parlato, da quando c’è Patrick Vieira in fondo le cose vanno bene), o per i tanti giovani piloti italiani che ancora spera possano un giorno ricalcare le orme dei più grandi del motociclismo.
«E non pensiate che non seguo anche i piloti svizzeri! Speriamo possa tornare nei prossimi anni un pilota della caratura di Thomas Lüthi». Lo speriamo anche noi, così come auguriamo all’amico Carlo di ritrovare forza, superare la malattia e tornare in futuro nella sua vera casa. Che è anche il titolo del suo libro del 2019: ‘Belin, che paddock’.