Dalla Vallemaggia e dal Locarnese a Stoccolma: ‘Quest’anno abbiamo voluto alzare il tiro, puntando alle ultime due giornate del torneo’
Tutto sulla Svezia. Da Praga 2015 in poi, i Mondiali di hockey li hanno visti tutti. Damiano e l’altra ventina di tifosi al seguito della Nazionale, dalla Vallemaggia e da altre località del Locarnese, da dieci anni a questa parte sono una presenza stabile sulle gradinate della rassegna iridata. «C’eravamo anche un anno fa, a Praga, dove però avevamo assistito ad alcune partite della fase a gironi del torneo della Svizzera, per poi rientrare in Ticino prima delle partite decisive. Così la medaglia d’argento messa al collo da Ambühl e compagni l’abbiamo vista da casa...», racconta Damiano Piezzi col filo di voce che gli è rimasta dopo aver fatto sentire la sua voce sulle gradinate dell’Avicii Arena di Stoccolma. «Quest’anno, un po’ per necessità (a Herning, dove la Svizzera ha giocato il suo girone, le infrastrutture non erano l’ideale per pianificare una trasferta), un po’ per azzardo, abbiamo invece deciso di... alzare il tiro e puntare al colpaccio: per questi Mondiali, il responsabile della nostra trasferta (organizzata sotto il ‘cappello’ dell’Hc Maggia), ha deciso di puntare il tutto per tutto sulle ultime quattro partite: semifinali e finali. Con la speranza di vedere la Svizzera ancora in corsa e, al di là di tutto, la certezza che in ogni caso avremmo potuto vedere quattro partite di hockey d’ottima fattura». Speranze e consapevolezza che, alla prova dei fatti, sono diventate realtà... «Già il fatto di poter assistere alle partite in cui tutto si decide, per un tifoso di hockey è una grande emozione. Poterlo fare sostenendo la tua squadra rende il tutto ancora più straordinario: questa è la prima medaglia mondiale della Svizzera che vedo dal vivo, ed è un ricordo indelebile!».
A Stoccolma, Damiano e i suoi compagni d’avventura sono arrivati venerdì pomeriggio, vigilia delle semifinali: «La prima giornata l’abbiamo spesa facendo un giretto per la città. Una città in cui in questi giorni si respira aria di Mondiali: già all’aeroporto si percepiva quest’atmosfera particolare, fattasi ancora più presente man mano che ci avvicinavamo al centro nevralgico della manifestazione». Poi, l’indomani, tutti allo stadio, per le semifinali: «Fuori dalla fan zone era un incessante viavai di persone. Un brulicare di tifosi, dove la predominanza era per il colore giallo dei supporter di casa, della Svezia. Lo stesso anche all’interno dell’impianto, dove però a dire il vero, complice il risultato che andava prendendo forma sul ghiaccio, con gli Stati Uniti a prendere gradatamente il largo sulla Svezia, dominandola anche, l’ambiente era un po’ dimesso». Tutta un’altra storia quando invece, la sera, sul ghiaccio è scesa la Svizzera... «Beh, lì sì, era tutta un’altra cosa. C‘erano parecchi tifosi svizzeri, e l’ambiente era decisamente più ‘caldo’. Una festa che sulle gradinate si è protratta fin oltre il sessantesimo, con tanto di appendice nei ristoranti aperti fino a notte fonda: all’albergo saremo rientrati che erano le tre di mattina passate da un po', con giusto il tempo per ricaricare un po’ le energie prima del grande giorno».
Ed eccolo, finalmente, il grande giorno... «Qui il miglior mezzo di trasporto, in alternativa al taxi, è la trottinette elettrica. Dal nostro albergo, con quella, allo stadio (davvero un gioiellino di impianto), ci si arriva in un quarto d’ora circa: a piedi, per contro, ci vorrebbe un’ora. Già all’uscita della struttura in cui abbiamo pernottato, nel primo pomeriggio si potevano vedere diversi gruppi di tifosi di fede rossocrociata. Presenze prima sporadiche, che cammin facendo si facevano più importanti, per quantità e... per chiasso. Un crescendo fino allo stadio, dove ancora prima dell’ingaggio d’apertura della finale per la medaglia di bronzo la fan zone brulicava già di gente con la maglia rossocrociata. Alla nostra causa si sono votati pure parecchi tifosi svedesi, evidentemente ‘scornati’ per la sconfitta patita in semifinale».
Sugli spalti, a sostenere la Nazionale di Patrick Fischer si sono viste le classiche maglie della Svizzera, ma anche tenute decisamente meno... sobrie, compresi i travestimenti da mucca. E il vostro look com’è? «Niente di così vistoso: la giacca col logo della Nazionale con scritte tutte le località che abbiamo visitato nel nostro tour al seguito dei Mondiali».