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‘Puoi lavorare anche senza avere fiducia in te stesso’

Rifiutato per anni dalla scuola di cinema, Radu Jude è arrivato a Locarno con il film più trash del Concorso

Radu Jude
(Edoardo Nerboni © Locarno Film Festival / Ti-Press)
13 agosto 2025
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Durante gli incontri pubblici, tutte le personalità del cinema si assomigliano tra di loro, ma ognuna è unica a modo suo. Senza fare nomi, c’è chi si mette a disposizione con dedizione e passione e, se rifiuta le interviste, lo fa magari per incontrare il pubblico o tenere una masterclass; c’è chi ha il suo discorsetto preparato e lo sciorina con l’impegno degno di un Razzie Award (gli anti-Oscar ai peggiori film e interpretazioni), salvo poi mostrarsi spontaneo e umile agli eventi a porte chiuse con le élite economiche e diplomatiche sino-elvetiche (e direi che qui il nome lo abbiamo praticamente fatto); c’è chi conclusa l’intervista, con l’addetta stampa che scalpita per far entrare il prossimo giornalista, inizia a fare lui delle domande; c’è chi non ti conferma fino all’ultimo l’intervista perché vuole vedersi i film della Retrospettiva e deve ancora studiarsi bene la programmazione.

E poi, in mezzo a tutte queste personalità anche fin troppo sicure di sé, c’è Radu Jude che, quando gli chiedi se non aveva perso fiducia in sé stesso di fronte alla scuola di cinema che per anni non accettò la sua iscrizione, ti risponde candidamente che «non ho mai avuto fiducia in me stesso, ma puoi lavorare anche senza avere fiducia in te stesso».

Il regista rumeno è a Locarno con ‘Dracula’, che è sicuramente il film più trash del Concorso internazionale. Ma ‘Dracula’ è anche un film con un amore tanto profondo quanto dissacrante per il cinema e soprattutto un film sul quale si può riflettere e ragionare. Anzi, non puoi che ragionare e riflettere, quando vedi il ‘Nosferatu’ di Murnau trasformato in clip sponsorizzate su TikTok. Del resto la figura di Dracula, il morto che succhia sangue ai vivi per sopravvivere, è stata associata al capitalismo che sfrutta i lavoratori già da Marx. Nel film di Jude questo tema viene esplorato in diversi episodi – il suo ‘Dracula’, lo si sarà capito, è un insieme di frammenti di storie più o meno sviluppate –, tra cui quello in cui si vede un redivivo Vlad III di Valacchia detto l’impalatore, il sovrano che ha ispirato la figura del Conte Dracula, gestire una “fabbrica di videogiochi”, con poveracci pagati per giocare online al posto di ricchi occidentali che ambiscono ad avere un’alta posizione in classifica. Quella scena, che anticipiamo prosegue con una rivolta di zombi, «era una sceneggiatura completa, era la storia principale alla quale poi si sono aggiunte le altre» ha spiegato Jude.

L’IA, vampiro succhiatutto

E poi c’è l’intelligenza artificiale, altra protagonista del ‘Dracula’ di Jude, perché l’IA «è come Dracula, succhia tutto Internet per creare qualcosa». E infatti il film inizia con uno sceneggiatore che si fa aiutare da un’IA per scrivere il film commerciale perfetto su Dracula, un film che secondo le risposte dell’intelligenza artificiale deve contenere «scene d’azione, umorismo dozzinale, nudità, sesso, vampiri e soprannaturale». Perché il ‘Dracula’ di Jude è la risposta a chi lo ha accusato di fare film commerciali e quello che Jude apprezza dei festival è proprio il tentativo di promuovere «qualcosa di diverso dal mercato, dai grandi streamer o dalle grandi produzioni americane». Una forma di resistenza «a volte non è fatta molto bene, ma è comunque una resistenza».

Tornando all’intelligenza artificiale, è stata anche usata per generare alcune sequenze del film. Jude ha collaborato con Vlaicu Golcea che non è un esperto di intelligenza artificiale ma un compositore jazz con la passione per i video amatoriali. «Ho sempre scelto le immagini peggiori, quelle ovviamente false, con gli errori» ha spiegato divertito.

Un film «con un sacco di cazzi volanti» (parole sue che poi spiegheremo) è adatto alle famiglie? «Certo che è adatto alle famiglie! Cosa sono le famiglie? La vita familiare include il sesso, quindi penso sia compatibile con la vera vita familiare». Poi, appena un po’ più seriamente: «Non so, non sono io a decidere i rating, spero non sia vietato ai minori di 18 anni». Nel film del resto c’è anche il figlio del regista: «Era lì sul set con me e sua madre. Gli ho detto: non abbiamo soldi per attori bambini, vuoi partecipare? Ha detto di sì. E direi che ha capito il film molto bene, era sempre presente e gli è piaciuto».

Immagini generate dall’intelligenza artificiale, ma anche sagome di cartone, sfondi teatrali e riprese fatte con un iPhone. «Il cinema è ancora molto conservatore riguardo agli strumenti. Ci sono strumenti cosiddetti ‘professionali’ e strumenti ‘amatoriali’, e raramente si mescolano. Ma in pittura gli artisti usano qualsiasi materiale abbiano a disposizione. Perché il cinema dovrebbe essere diverso?».

Girare con un iPhone ha anche il vantaggio di passare inosservati. Anche se capita – in una scena ambientata sul ponte – che dei passanti camminino davanti alla camera. «Sì, erano dei veri passanti quelli: non abbiamo avuto nessuna comparsa e no, non penso si siano resi conto di essere finiti in un film».

Tra censura e propaganda nazionalista

Dracula è un mito in Romania? «Durante la dittatura di Ceaușescu, praticamente non esisteva» ha spiegato Jude. «Non c’erano traduzioni dei libri di Stoker, nessun film sui vampiri nei cinema o in televisione. Era in qualche modo proibito». Un po’ perché non si voleva associare la Romania a un personaggio negativo come un vampiro e poi il mito di Dracula, con tutta la sua dimensione soprannaturale, era considerato “non materialista” e «sotto Ceaușescu persino fare yoga o la meditazione potevano portarti in prigione». Così dopo la rivoluzione del 1989 «quando i turisti iniziarono ad arrivare chiedendo di Dracula, la gente era completamente sbalordita».

Quanto a Vlad l’impalatore, il personaggio storico in Romania è completamente separato dal Conte Dracula. Tanto che – un cortocircuito che Jude riesce ad apprezzare fino a un certo punto – Vlad III di Valacchia è stato usato durante la campagna elettorale, come esempio «di leader crudele ma giusto, uno che puniva i pigri, i ladri, i disonesti: come a dire che abbiamo bisogno di qualcuno come lui. Il mito è ancora vivo in modi molto reali e inquietanti».

Si era accennato ai falli che si librano in aria: è uno degli episodi che più restano impressi, con un campo di granoturco che vede parti anatomiche tipicamente maschili al posto delle pannocchie, garantendo un inaspettato successo commerciale al contadino. Non è una invenzione di Radu Jude, ma un racconto popolare: «No, non sono io il perverso. È opera di Ion Creangă, un autore rumeno famoso e importante del XIX secolo che raccolse questa storia dalla tradizione popolare e la trasformò. Non fu mai pubblicata ufficialmente, sapete, circolava come una storia clandestina. Ora è pubblicata in alcune edizioni».

Dopo tante storie surreali, il finale ci riporta inaspettatamente nell’ordinario. «Era un modo per tornare con i piedi per terra, tornare alla quotidianità di discriminazione, problemi di lavoro, di soldi, problemi familiari e affettivi».