Presentata la novità elaborata dal Politecnico di Zurigo insieme all’Istituto italiano di geofisica e vulcanologia e all’Università tedesca di Aquisgrana
Per studiare come nascono, si propagano e si arrestano i terremoti è stato costruito un nuovo tunnel laterale di 120 metri nel BedrettoLab che dal 2018 il Politecnico federale di Zurigo sta sviluppando a Ronco Bedretto, a una profondità di un chilometro e mezzo al di sotto della superficie, nell’ambito dell'energia geotermica sfruttando il cunicolo di servizio lungo 5,2 chilometri che negli anni ’70 servì per la costruzione del tunnel ferroviario del Furka che tutt’oggi collega Uri e Vallese.
Nel caso specifico l’EthZ collabora con l’Istituto nazionale italiano di geofisica e vulcanologia, che ha sede a Roma, e con l’Università tecnica di Aquisgrana, la più importante della Germania in questo ambito. Nella galleria laterale, presentata oggi ai media, un team di ricercatori innesca in modo mirato lievissimi sismi su una faglia e monitora da vicino questi esperimenti con l’obiettivo di acquisire nuove conoscenze che in futuro potrebbero migliorare la prevedibilità dei terremoti.
Il tutto rientra nel progetto di ricerca europeo Fear che sta per Fault Activation and Earthquake Rupture. Finanziato dal Consiglio europeo della ricerca con 14 milioni di euro, è finalizzato a dare una risposta a due dei quesiti più importanti e irrisolti della sismologia: cosa accade poco prima dell’inizio di un terremoto? E cosa ne provoca l’arresto? I ricercatori sperano che rispondere a queste domande permetta di ampliare i limiti della prevedibilità dei terremoti.
Il nuovo cunicolo, struttura unica al mondo, è dotato di numerosi sensori e strumenti e si sviluppa parallelamente a una zona di faglia naturale accuratamente selezionata. Grazie a questa posizione e alla sofisticata attrezzatura, i ricercatori possono studiare in dettaglio come un terremoto si forma in un determinato punto di una faglia e come si propaga lungo di essa fino a esaurire la propria energia. Come detto il fine è duplice: comprendere meglio i terremoti e riuscire a prevederli.
Per studiare i terremoti alla fonte, il team di Fear ha realizzato numerosi pozzi. Gran parte di essi permette di monitorare i processi all’interno della roccia. Altri servono a iniettare acqua per provocare piccoli terremoti. La vasta gamma di sensori forma poi una rete di monitoraggio all’avanguardia direttamente sulla faglia: in parole povere, è in grado di rilevare piccoli sismi e di misurare parametri come la pressione dei fluidi nelle fratture, le variazioni nelle sollecitazioni e molto altro. Durante gli esperimenti di simulazione vengono iniettate centinaia di metri cubi d’acqua ad alta pressione. L'aumento della pressione del fluido che ne deriva riduce la sollecitazione presente sui piani di faglia, indebolendoli e agevolandone lo slittamento. Questa riduzione dell’attrito può innescare un movimento di faglia e quindi un sisma.
«L’osservatorio sulla faglia è il tassello mancante del puzzle dello studio dei terremoti», spiega il professor Domenico Giardini, uno dei quattro principali ricercatori del progetto Fear. «Disponiamo di eccellenti reti di monitoraggio in tutto il mondo. Tuttavia gran parte di loro è collocata sulla superficie, e quindi a molti chilometri di distanza dal punto di origine dei terremoti. Inoltre anche i pochi sensori nei pozzi si trovano normalmente solo in prossimità delle zone di faglia, non al loro interno».
Nei suoi esperimenti il team di ricerca induce un sisma di magnitudo 1: un valore ben inferiore alla soglia di percezione umana, che si colloca intorno a 2,5 in superficie, ma pur sempre in grado di produrre forti moti del suolo a pochi metri dalla faglia. I ricercatori possono sfruttare l’approfondita esperienza accumulata negli ultimi quattro anni grazie ai numerosi esperimenti di iniezione nel BedrettoLab con livelli crescenti di pressione, nei quali hanno indotto sismi fino a una magnitudo di -0.5. Gli studiosi cercheranno anche dei segnali precursori, che potrebbero essere impossibili da rilevare con sistemi di monitoraggio meno sensibili e che un domani potrebbero aiutare a prevedere i terremoti più forti.