La soluzione, a titolo personale, arriva da Alberto Rossini, presidente della Commissione di quartiere. Due interrogazioni chiedono lumi a Cantone e Città
«La soluzione più efficace e veloce sarebbe quella di costruire un ponte sospeso tra il bivio di Insone e l’inizio del villaggio di Scareglia». Ne è convinto Alberto Rossini, presidente della Commissione di quartiere di Val Colla, che abbiamo incontrato ieri e che lancia questa proposta a titolo personale. La chiusura della strada cantonale S313 nel tratto compreso tra l’incrocio per Insone, dopo Corticiasca, e Scareglia, a causa della frana del Lavinone, suscita un’ampia preoccupazione che si è tradotta in una protesta e in due atti parlamentari.
Prima di entrare nel vivo, il presidente della Commissione di quartiere ci racconta un paio di aneddoti storici. La situazione morfologica dell’area è nota dal 13esimo secolo, quando, spiega Rossini, «i nostri antenati hanno dato un nome ai luoghi perché conoscevano molto bene il territorio in cui lavoravano. Ebbene, dai toponimi risulta chiaro che quella zona è a rischio: Lavinone deriva da slavina (o zona franosa). Sopra ci sono altri due toponimi, uno è Laghett, l’altro è Fontanon, che sta a significare abbeveratoio per animali». Entrambi, testimoniano la presenza di acqua. Con un grosso balzo temporale il nostro interlocutore ci porta all’inizio degli anni Cinquanta quando venne costruita la strada in una zona problematica. Il franamento è stato evitato con l’edificazione del viadotto. «Ora è comprensibile che si è giunti alla chiusura della strada al traffico veicolare perché, giustamente, nessuno si vuole assumere la responsabilità di un eventuale cedimento». Anche se il passaggio è consentito a pedoni e biciclette.
Rossini vuole evitare di ripetere le conseguenze del blocco del collegamento per i residenti già descritte sui media. Però è in apprensione per quanto potrebbe capitare in futuro: «La frana è profonda 30-35 metri e riguarda un territorio di circa 135’000 metri quadrati. Se dovesse staccarsi tutto il materiale o anche ‘soltanto’ una parte, avremmo un grosso problema, perché la massa, oltre a creare una diga naturale, potrebbe trascinare gli argini molto ripidi in quella zona e arrivare fino al ponte tra Insone e i Molini di Piandera e sradicarlo. Questo potenziale sviluppo, avrebbe conseguenze ben peggiori, con la chiusura di un altro collegamento stradale e danni ingentissimi». Nel frattempo, la strada resta chiusa al traffico veicolare, ma cosa succederà dopo? «Il provvedimento immediato è stato adottato a tempo indeterminato per il pericolo di cedimento del versante a monte – risponde Rossini –. Alla domanda sul perché non sono cominciati i lavori di esbosco, i funzionari del Cantone mi hanno risposto che gli alberi saranno lasciati per garantire l’assorbimento dell’acqua, essendo il bosco come una spugna. Intanto, è stato affidato l’incarico a uno studio di ingegneria per valutare se la struttura attuale può essere consolidata, in vista di una futura riapertura del collegamento, o se la strada dovrà restare chiusa». L’auspicio del nostro interlocutore è che, con i risultati dello studio in mano, «il Cantone valuti e consideri tutte le conseguenze e prenda decisioni orientate a colmare i disagi della popolazione».
Per questa ragione, secondo il presidente della Commissione di quartiere la soluzione più efficace e veloce sarebbe quella «di costruire un ponte sospeso a una corsia con transito alternato tra il bivio di Insone e l’inizio del villaggio di Scareglia. In questo modo, il ponte sarebbe lungo tra i 300 e i 400 metri, poggerebbe su un terreno solido e si potrebbe ristabilire una viabilità importante. Mi auguro che l’autorità cantonale prenda a cuore questa situazione e che metta a disposizione tutti mezzi a favore di una valle che fino a oggi è stata oggetto di diverse dimenticanze». La Commissione di quartiere si riunirà stasera e prenderà posizione sugli orari degli Autopostali, considerati lacunosi in quanto diverse corse non permettono le coincidenze con altri mezzi pubblici, in particolare con quelli che da Tesserete conducono a Lugano.
Si sta muovendo anche la politica sulla situazione problematica che ha generato la chiusura della strada. Il primo atto parlamentare, in ordine di tempo, è un’articolata interpellanza interpartitica sottoscritta da dieci deputati in Gran Consiglio (prima firmataria Sara Beretta Piccoli) ed è rivolta al Consiglio di Stato, al quale vengono poste numerose domande: “In 75 anni dalla costruzione della strada, in che misura si è intervenuti per risolvere la problematica dei movimenti franosi? Con quali crediti? Dopo 8 anni di monitoraggio continuo del manufatto, e dopo i lavori di ancoraggio del 2002, perché non si è intervenuti per trovare una soluzione definitiva? Non sono sufficienti i crediti votati negli ultimi 20 anni (oltre 1 miliardo di franchi circa) per la messa in sicurezza delle strade cantonali? Se no, con quali priorità s’interviene?”.
Al Municipio di Lugano, invece, il gruppo del Centro in Consiglio comunale (primo firmatario Angelo Petralli) ha presentato un’interrogazione. Tra le domande, vengono chiesti quali sono gli interventi (urgenti, a medio e a lungo termine) che si prevedono in coordinamento con il Dipartimento del territorio sulla strada cantonale che collega Maglio di Colla a Capriasca/Tesserete per aiutare il transito di pedoni, ciclisti e automobilisti. L’Esecutivo cittadino, inoltre, è sollecitato in merito all’ipotesi di allestire un piano di finanziamento per le opere necessarie ed è chiamato a intervenire lungo la problematica (in quanto stretta) strada comunale che collega Maglio di Colla a Signôra, il collegamento alternativo.