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Risarcita dopo una causa di 5 anni con l’assicurazione

La storia di un’anziana, nel frattempo deceduta, della sua famiglia e della lotta legale contro con una compagnia che non voleva riconoscerle l’invalidità

In sintesi:
  • Nel 2016 un incidente domestico compromette l’autonomia di un’89enne, che aveva stipulato un’assicurazione contro gli infortuni
  • Dopo anni di battaglia, la Pretura di Lugano dà ragione ai famigliari: la compagnia deve versare il giusto indennizzo
  • L’ombudsman: ‘Non è vero che si perde sempre contro i giganti’
Palazzo di giustizia a Lugano
(Ti-Press)
23 maggio 2025
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Una rivisitazione moderna dell’impresa di Davide contro Golia. Con qualche eco della vicenda di Luigi Mangione, il giovane incriminato negli Stati Uniti per l’omicidio del Ceo della UnitedHealthcare, simbolo degli estremismi della società americana. «La nostra è una storia diversa, ma determinate modalità di esasperazione dei cittadini da parte di questi grandi gruppi sono simili – osserva Isabella Venturi – e purtroppo la mia famiglia le ha vissute sulla propria pelle. Di fronte a un torto, è importante ottenere giustizia, ma seguendo le vie legali e senza violenza, chiaramente».

LA STORIA

Un’Odissea iniziata nel 2016

La storia della nostra interlocutrice ha come protagoniste l’anziana madre e la lunga vertenza giudiziaria tra la famiglia da una parte e una grande assicurazione svizzera dall’altra, la Helvetia. Una storia a lieto fine per la famiglia, conclusasi alcuni mesi fa con la sentenza del pretore del distretto di Lugano, che ha dato ragione ai Venturi – la madre, deceduta nel 2019, la figlia Isabella e il fratello, patrocinati dall’avvocata Sandra Xavier –, condannando la compagnia a pagar loro un importante indennizzo, al quale si aggiungono anni di interessi. Una somma, nota alla redazione, non indifferente per gli standard svizzeri.

Completamente autonoma, prima dell’incidente

«Mia madre, anche se era anziana e con qualche acciacco di salute, era una persona completamente autonoma – ricorda Isabella –. Viveva da sola, guidava l’auto e aveva appena rinnovato la patente pochi mesi prima dell’incidente, andava da sola alla casa di vacanza di famiglia in Val Vigezzo. Lì si occupava del giardino, grande come un campo da calcio. Cucinava per la famiglia e per i vicini». Le cose cambiano il 16 gennaio del 2016. «Avrei dovuto accompagnarla dal parrucchiere, ma era in ritardo. L’ho chiamata e mi ha detto che era caduta. Sono andata subito da lei e mi sono trovata di fronte a una grossa pozza di sangue sugli scalini che danno sul giardino. Abbiamo chiamato l’ambulanza e da quel giorno mia madre non è praticamente più tornata a casa». Una serie di ricoveri in cliniche – dal Civico a Castelrotto, da Moncucco al Parco Maraini –, fino al trasferimento a fine anno in casa per anziani. «Avendo picchiato la testa ha avuto dei problemi neurologici gravi che a loro volta le hanno causato difficoltà di deambulazione e di equilibrio, nonché una compromissione delle facoltà cognitive. E in definitiva una perdita di autonomia».

‘Sostenevano che fosse impossibile che vivesse sola’

È a questo punto che entra in gioco Helvetia, con la quale la signora aveva da anni stipulato un’assicurazione infortuni individuale a copertura dei rischi legati al decesso e all’invalidità conseguenti a un infortunio, nella variante di prestazione cosiddetta B, ovvero per l’invalidità progressiva. Nel 2017, la compagnia le riconosce un’invalidità del 13%, corrispondente a poco più di 1’000 franchi di rendita annuale sul capitale assicurato di 50’000. Come mai così poco? «Sostenevano che mia madre avesse avuto solo un peggioramento della vista (già compromessa prima della caduta, ndr) come conseguenza della caduta e soprattutto si rifiutavano di riconoscere che prima dell’incidente conducesse effettivamente una vita autonoma». I figli hanno prodotto dunque una serie di documenti che attestavano il problema neurologico, ma invano: la decisione non è cambiata. «Per questo abbiamo deciso di opporci». Dapprima con un tentativo di conciliazione, infruttuoso: «L’avvocato dell’assicurazione ha sostenuto che non è possibile che la mamma vivesse da sola, che guidasse la macchina. È allora che abbiamo deciso di procedere con una causa vera e propria: com’era possibile sostenere delle cose di questo tipo? Una follia, per noi che conoscevamo la situazione».

‘Umiliante, valutazioni mediche errate’

Dal 2019, dunque, la causa vera e propria. «Tutti gli amici ci avevano sconsigliato di fare causa a un’assicurazione, perché si perde sempre, dicevano. Ma non potevamo permettere che la vicenda si concludesse in questo modo così assurdo». È iniziato un lungo e costoso iter giudiziario, che ha comportato anche momenti dolorosi. «Abbiamo cercato e raccolto numerose testimonianze di persone che sapevano quanto lei fosse attiva e indipendente. È stato quasi umiliante – osserva Isabella –: dover andare in tribunale per dire quanto la mamma fosse autonoma prima dell’incidente. E d’altra parte ha fatto impressione vedere i medici della controparte sostenere cose insostenibili». Ad esempio? «Una serie di valutazioni mediche errate, come quella di un oculista che sosteneva che la madre fosse depressa. Ma non era vero, si lamentava di vari problemi di salute quando andava alle visite, è vero, ma a quell’età è normalissimo. Non era per nulla depressa e non ha mai assunto antidepressivi, lo ha confermato il suo medico di famiglia». Incoerenze che emergono anche nella sentenza. «E poi continui rinvii, io spingevo affinché i testimoni fossero sentiti in tempi brevi, le amiche di mia mamma non erano certo delle ventenni... invece i tempi si allungavano... e anche questo mi ha fatto soffrire».

‘Non bisogna rassegnarsi’

In questa situazione, il giudice ha ordinato l’intervento di un medico perito giudiziario, oltre a quelli di parte. Questo sostanzialmente conferma l’effettiva perdita di autonomia come conseguenza dell’incidente domestico, stabilendo un grado d’invalidità molto maggiore rispetto a quello prospettato inizialmente dalla compagnia. Considerate le condizioni contrattuali con Helvetia, quest’ultima è stata quindi condannata dal pretore Francesco Trezzini all’importante risarcimento e al pagamento degli interessi di circa sette anni. La sentenza, dello scorso ottobre, non è stata impugnata ed è dunque cresciuta in giudicato. «Credo fortemente nella giustizia e nell’importanza di rivendicarla – sottolinea Isabella –. Ci tenevo a raccontare la nostra storia per dire a tutte le persone che dovessero ritrovarsi in una situazione simile che non bisogna rassegnarsi. Certo, bisogna essere onesti e avere una situazione chiara. Avere un avvocato serio dalla propria parte e tempo e soldi da investire, noi abbiamo speso una somma ingente per avere giustizia. Ma non bisogna demordere».

Da noi contattata, la compagnia assicurativa ha preferito non fornire informazioni né sul caso specifico né in generale sul numero di cause legali con le quali si confronta, per motivi legati alla protezione dei dati.

L’ombudsman

‘Non è vero che si perde sempre contro i giganti’

Una vittoria per la famiglia Venuti dunque, che non si è fatta intimorire dal consiglio di amici e conoscenti di lasciar perdere perché «tanto si perde sempre». Un messaggio condiviso dall’avvocato Marco Cereghetti, ombudsman dell’assicurazione privata e della Suva per la Svizzera italiana. «Non è vero che si perde sempre facendo causa a un’assicurazione, una banca o un medico, perché ‘tanto sono dei giganti’: sono delle dicerie ed è sbagliato partire da questo presupposto. È chiaro che una causa è difficile di per sé. I costi sono tanti, soprattutto per chi non ha diritto ad aiuti e in particolare quando parliamo di vertenze civili, e questo può essere un freno». L’avvocato non entra nel caso specifico, ma sottolinea, nella sua esperienza, di non essersi mai imbattuto in «atteggiamenti arbitrari» da parte delle assicurazioni. «Chiaramente anche loro fanno i propri interessi, non sono degli enti benefici, e finanziariamente hanno le spalle più coperte. Ma non ho mai trovato chi non voleva pagare per partito preso, generalmente avevano degli argomenti. Poi, giusti o sbagliati, è un altro conto».

L’importanza di un buon avvocato

In Svizzera si sente però raramente di grosse cifre quando si parla di cause e risarcimenti, a differenza ad esempio di altri Paesi come gli Stati Uniti. «Il nostro diritto effettivamente è un po’ restrittivo quanto a responsabilità e ammontare dei risarcimenti», osserva l’ombudsman. «Capita però di vincere le cause e di vincerle anche bene. Non è questo il caso perché non stiamo parlando di una responsabilità civile, qui i parametri sono altri. Ma nei casi di torto morale si può arrivare anche fino ai 200’000 franchi, ma stiamo parlando di eccezioni. Ci sono però diverse altre tipologie di danno: perdita di guadagno, perdita dell’avvenire economico, il danno domestico, il danno da rendita, e altri ancora. Non si può mai sapere in partenza l’esito di una causa. Ma se l’avvocato sa fare il suo mestiere, e questo è un aspetto centrale, si possono far valere bene le proprie ragioni. E, ogni tanto, di fronte a un buon compromesso val la pena fermarsi prima della causa, magari in conciliazione».