Troppo elevati i costi di gestione, dopo un iter pianificatorio e ricorsuale tortuoso: al più tardi entro fine 2026 si va via dall’ex ostello
Figino, addio. La Fondazione Claudia Lombardi per il teatro lascerà gli spazi dell’ex ostello della gioventù a Casoro, dove ha stabilito la propria sede sette anni fa. A confermarci la voce è la presidente dell’omonima fondazione, spiegando che al momento non è ancora stata trovata una sede alternativa. Ma c’è tempo, fino alla fine del 2026, e intanto il calendario artistico prosegue a pieno regime.
«La nostra partenza è la logica conseguenza di una serie di eventi che ci hanno portato a dover prendere la decisione di vendere lo stabile», spiega Claudia Lombardi. La storica dimora è stata acquistata infatti dalla Schweizerische Stiftung für Sozialtourismus nel 2018, dopo che quest’ultima aveva deciso l’anno precedente di chiudere l’ostello aperto negli anni Cinquanta. L’obiettivo era chiaro: sostenere e promuovere compagnie teatrali giovani, organizzando eventi e attività e non di rado residenze. «Avevamo un progetto, ma ci hanno fatto diverse opposizioni alla domanda di costruzione. A causa di queste abbiamo perso diverse promesse di donazioni, circa un milione di franchi, sussidi importanti. Alla fine, fra Covid e guerra in Ucraina, i costi sono lievitati ed è diventato troppo oneroso da gestire», riassume in estrema sintesi la responsabile.
Il riferimento è al Casoro teatro lab, progetto del 2019 che sarebbe dovuto costare circa 8 milioni di franchi, e che avrebbe comportato la costruzione di un nuovo volume a ridosso del pendio che avrebbe dovuto ospitare una sala teatro ma che non era in linea con il Piano regolatore. Poi un bed&breakfast al secondo e al terzo piano rivolto sia agli artisti sia ai turisti, con uffici, bistro, sala eventi al pianterreno. Le rimostranze di persone del vicinato, che hanno impugnato l’istanza di costruzione, hanno fatto archiviare questo progetto e nel 2022 la Fondazione è tornata alla carica con una variante più soft: 6,3 milioni per una ristrutturazione più conservativa, la rinuncia al nuovo edificio moderno, un minor numero di camere. Anche questo secondo tentativo non ha però dato i frutti sperati. «La missione della Fondazione non è alberghiera – sottolinea Lombardi –, avremmo dovuto dare la gestione a qualcuno e purtroppo non sempre le combinazioni e le intese funzionano... quindi abbiamo accantonato questa variante. Ora saremo noi e basta».
Intanto però a pesare sono i costi di gestione: «Questo bel posto purtroppo non ce lo possiamo permettere. Lo stabile è vetusto e necessiterebbe di interventi incisivi, ma ristrutturarlo sarebbe complicato perché si tratta di un bene culturale protetto, bisognerebbe tener conto delle esigenze dell’Ufficio dei beni culturali. L’Ufficio tecnico comunale ci concede un’abitabilità provvisoria da rinnovare ogni due anni, ma così lo stabile non può rimanere». E quindi, la vendita. Un diritto di compera, ci spiega Lombardi, è già stato sottoscritto – da nostre informazioni: si tratta della Elysium Greenhouse Sa di Lugano – e vale fino al 31 dicembre dell’anno prossimo. «Se non esercitano il diritto di compera, dobbiamo trovare un altro acquirente. Al momento restiamo qui, ancora per tutto il prossimo anno le attività sono confermate». Si è appena tenuta infatti la sesta edizione del gARTen Festival.
Mentre si lavora sull’oggi, si ragiona già ampiamente anche sul domani in ogni caso: è in corso la non semplice ricerca di una nuova sede. «Di spazi ce ne sono – osserva la presidente –. Abbiamo parlato con la sindaca e con il capodicastero Cultura di Massagno ad esempio per gli stabili appartenuti all’azienda elettrica (vicino al cinema Lux e per i quali nel 2023 si è tenuto un concorso di architettura per la ristrutturazione, ndr), andremo anche a visitarli, ma la politica ha tempi molto lunghi e noi abbiamo l’esigenza di trovare qualcosa molto più velocemente...». Altro spazio molto interessante e che la Città ha pensato di adibire per scopi culturali è l’ex sottocentrale Ail di Gemmo. «Quell’ipotesi purtroppo è saltata. La trattativa era a buon punto, poi sono cambiati i vertici di Ail e quell’eventualità è slittata di un bel po’...».
La ricerca continua quindi, con l’obiettivo di «restare nel Luganese, i dipendenti abitano tutti qui nelle vicinanze». Resta da capire dove. Ci sono alcune situazioni che potrebbero essere praticabili, per la programmazione degli eventi, ma ci stiamo ancora guardando in giro. Nella zona a nord di Lugano ci auguriamo di trovare qualche capannone dismesso o altri spazi fruibili. Basterebbero 300 metri quadri per una sala prove, per accogliere piccole compagnie in residenza, per i nostri uffici, e una sala conferenze. Poi si può sempre pensare di fare i nomadi per gli spettacoli. È una situazione praticabile che costa nettamente meno che avere un teatro proprio (come nell’ipotesi iniziale, ndr). La Fondazione continuerà comunque il proprio lavoro, mi auguro a lungo. In un altro posto che corrisponde alle nostre necessità».