Il Municipio locale ha aderito all'iniziativa delle due Città romande. A perorare la causa i portavoce delle forze politiche in Consiglio comunale
Castel San Pietro ha deciso di far sentire la sua voce. Ci sarà anche il piccolo Comune del Mendrisiotto al fianco di Ginevra e Losanna, determinate a chiedere al Consiglio federale di prendere "una posizione chiara e coraggiosa" davanti al dramma umanitario che si sta consumando nella Striscia di Gaza. Il Municipio locale ha deciso, infatti, di aderire all'iniziativa promossa dalle autorità dei due centri romandi e di sostenere una azione che intende coinvolgere i Comuni svizzeri. A portare, lunedì, all'attenzione dell'Esecutivo la proposta avanzata dai sindaci delle due città sono stati i rappresentanti delle forze politiche che siedono in Consiglio comunale. E il loro appello non è rimasto inascoltato, anzi è stato fatto proprio in veste formale dall'Esecutivo in occasione della sua seduta settimanale.
In calce le firme di Massimo Bossi, presidente del Plr, Giovanni Wiesendanger, presidente del Centro, di Chantal Livi e Monica Negri, consigliere comunali di Per Castello, e di Willy Lubrini, presidente di Sinistra e Verdi, la missiva è stata recapitata, come detto, ieri. Nel solco delle dichiarazioni pubbliche di Ginevra e Losanna, i rappresentanti dei partiti di Castello, in qualità di cittadini e cittadine, hanno deciso di chiedere "con convinzione che anche le nostre autorità comunali aderiscano a questa importante iniziativa, affinché anche da qui si levi una voce ferma e solidale contro una tragedia umanitaria inaccettabile". Un invito che, come anticipato, è stato raccolto dalla municipalità.
"Dopo mesi di silenzi e posizioni ambigue riguardo all’offensiva militare in corso, riteniamo – si legge nella lettera – sia giunto il momento" che a Berna si esca allo scoperto, "in linea con la storia e la tradizione umanitaria della Svizzera". Di fatto, rimarcano ancora i portavoce dei gruppi, "Ginevra e Losanna non devono restare sole in questa presa di posizione: ogni Comune, anche il più piccolo, può e deve far sentire la propria voce".
D'altro canto, le immagini che giungono da Gaza testimoniano della gravità dell'emergenza in corso, in particolare dopo che, si ricorda nello scritto, "dal 2 marzo il governo israeliano ha vietato l’ingresso di qualsiasi tipo di aiuto umanitario nell’enclave, lasciando 2,2 milioni di persone in condizioni critiche. Nonostante alcuni camion siano riusciti a entrare, le principali organizzazioni internazionali denunciano che tali aiuti rappresentano una goccia nel mare rispetto ai bisogni reali". Ecco perché, come sollecitato da Ginevra e Losanna, occorre riaffermare "l’importanza del rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani" e garantire l'accesso agli aiuti e la protezione dei civili.
Quello che, la mattina di oggi, martedì, aveva tutta l'aria di essere un nuovo ‘caso’ capace di alimentare la polemica politica ticinese, nel pomeriggio aveva già assunto tutt'altre dimensioni. Tutto ha avuto inizio dal post pubblicato sui social da un architetto e docente universitario. Lo sfogo, ben presto diventato virale, rendeva pubblica la sua ‘espulsione’ dall'Accademia di architettura di Mendrisio, avvenuta, a suo dire, dopo "aver espresso il mio sostegno al popolo palestinese”. Un allontanamento ricondotto dal professore anche alle lamentele da parte di "organizzazioni ebraiche". Quanto accaduto ha così convinto i granconsiglieri del Partito comunista-Partito operaio e popolare Massimiliano Ay e Lea Ferrari a depositare una interpellanza al governo. Atto parlamentare che sollecita il Consiglio di Stato a fare chiarezza sull'accaduto e sul contesto nel quale sarebbe avvenuto e a esprimersi sulla libertà accademica.
Poi qualche ora dopo ecco la smentita dell'Università della Svizzera italiana (Usi), che ora "si riserva di tutelare i propri diritti nelle sedi opportune". Di fatto, precisa l'Usi, non si è verificato nessun licenziamento. Il docente ha insegnato all'ateneo di Mendrisio sino alla fine di dicembre del 2022. In seguito, l'anno dopo, si ribadisce in una nota, "lui stesso ha richiesto di sospendere l’insegnamento e l’Accademia ha riorganizzato il suo piano di studi di conseguenza". È stato lo stesso architetto, si annota, a ricontattare la direzione accademica nel febbraio scorso, "offrendosi per un nuovo incarico di insegnamento". Ma a quel punto il programma era già stato messo a punto. L'Usi rimarca che a fine 2023 "il rettorato e la direzione dell’Accademia hanno ricevuto una lettera che segnalava l’attività sui social media dell’architetto", ma non si è entrati "nel merito di una valutazione giuridica o etica del contenuto dei post, proprio perché non c’era alcun contratto in essere". Non solo, l'Università tiene a sottolineare che "tutela e promuove la libertà di espressione e la libertà accademica, principi fondamentali sanciti anche dalla Legge sull’Università della Svizzera italiana. Ogni membro della comunità accademica ha il diritto a esprimere liberamente le proprie opinioni, anche politiche, nel rispetto dei limiti previsti dal Codice etico dell'Usi e dalla legge in generale".