Criminalità organizzata e tecnologie nel nuovo libro di Francesco Lepori. ‘Anonimato, velocità, delocalizzazione e grandi affari’
Le nuove tecnologie al servizio della mafia. Alla criminalità organizzata basta oggi un clic per concludere affari illeciti e riciclarne i proventi. ‘Mafiadigitale.ch (Criptofonini, social media, finanza clandestina. Come le organizzazioni criminali italiane sfruttano la tecnologia in Svizzera)’ è il titolo dell’ultimo libro (Armando Dadò editore) di Francesco Lepori, navigato giornalista di giudiziaria alla Rsi, nonché artefice e responsabile operativo in seno all’Università della Svizzera italiana dell’Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata
È più pericolosa una mafia che ricorre a metodi e mezzi violenti o una mafia che digita?
In linea generale va detto che la mafia è sempre più a vocazione imprenditoriale. I clan tendono oggi ad anteporre gli affari alla violenza, perché sanno che quest’ultima genera spesso allarme sociale. Allarme sociale che ostacola il conseguimento del profitto. Temo di più la mafia che digita, che ricorre quindi alle nuove tecnologie. Può infatti provocare danni enormi, anche se magari meno visibili nell’immediato. E la società tende purtroppo a sottovalutare la minaccia rappresentata appunto dalla mafia che digita. Come direbbe Nando Dalla Chiesa, non si vede arrivare il nemico.
La criminalità organizzata è sempre un passo avanti rispetto all'azione di contrasto svolta da polizia e magistratura: nell'era delle comunicazioni criptate il gap rischia di allargarsi?
Sicuramente sì. La tecnologia consente infatti di restare anonimi, più anonimi, di viaggiare più in fretta: con un clic ci si sposta ai quattro angoli del mondo. Dunque: anonimato, velocità e delocalizzazione. Si potrebbe aggiungere un quarto fattore.
Quale?
La possibilità di incrementare notevolmente i volumi, che si tratti di denaro o di merce illegale da scambiare. Oggi più che mai la criminalità non conosce frontiere, a differenza degli Stati. Un esempio classico sono le criptovalute. Sappiamo che ogni transazione viene iscritta in un registro che è inalterabile e che dovrebbe essere trasparente: la blockchain. Ma questo non risolve le cose. Intanto la blockchain è leggibile solo con determinate competenze tecniche. Cosa non semplice se parliamo di certe monete virtuali che garantiscono un elevato grado di riservatezza. Il discorso si complica ulteriormente quando vengono utilizzati determinati strumenti, come per esempio miscelatori o mixer, che servono a ostacolare la tracciabilità dei flussi. Altro problema: spesso, non a caso, le transazioni terminano in Paesi molto restii a fornire assistenza giudiziaria. Per cui alla fine la tracciabilità e la leggibilità della blockchain sono più teoriche che reali.
Serve più prevenzione?
Da anni comunque enti nazionali e internazionali rendono attenti ai rischi legati alle criptovalute. Penso al Gafi, il Gruppo d’azione finanziaria internazionale, all’Europol, alla Dia italiana con riferimento alle mafie. E penso alle nostre autorità, come l’Mros, che fa parte del Gcrf, il Gruppo di coordinamento interdipartimentale per la lotta al riciclaggio di denaro. Gruppo che già nel 2018 aveva definito considerevole sia la minaccia costituita dalle criptovalute sia la vulnerabilità della Svizzera, come di qualsiasi altro paese, al riguardo. Nel rapporto 2024 del Gcrf si legge che la situazione è nel frattempo ulteriormente peggiorata e questo in ragione di alcuni fattori specifici.
Come lottare efficacemente contro le ‘criptomafie’?
Anzitutto servono mezzi. Il team di esperti che Berna ha interpellato per elaborare la nuova strategia di lotta alla criminalità, che verrà presentata prossimamente, ha evidenziato la necessità di disporre di molte più risorse in generale. A maggior ragione, aggiungo io, quando parliamo di contrasto all’uso delle nuove tecnologie per fini illegali. L’altra parola d’ordine è collaborazione. La tecnologia è qualcosa di complesso che viaggia rapidamente e non conosce confini. Bisogna allora agire di concerto, non per niente la parola collaborazione è quella che ricorre maggiormente in rapporti e studi. Concretamente significa cooperare tra Cantoni, tra Cantoni e Confederazione, tra Confederazione e i governi degli altri Paesi, tra autorità penali e autorità amministrative, tra pubblico e privato.