Il governo ha deciso di cessare, da domani, lo stanziamento di nuovi aiuti. Mobiglia (Verdi liberali): ‘Una scelta sbagliata con conseguenze importanti’
“Una scelta sbagliata sotto diversi punti di vista, un passo indietro che rischia di compromettere gli obiettivi di lotta al cambiamento climatico e di sostenibilità energetica”. Puntano i piedi i quindici granconsiglieri che hanno sottoscritto i due atti parlamentari presentati dal deputato dei Verdi liberali Massimo Mobiglia. Una mozione e un’interpellanza in cui esponenti di quasi tutto lo spettro politico – Verdi liberali, Verdi, Ps, Centro, Plr, Avanti con Ticino & Lavoro, Pc e Più Donne – criticano aspramente la decisione del Consiglio di Stato di cessare, a partire dal 1° luglio (ovvero da domani), lo stanziamento di incentivi cantonali per nuove costruzioni con standard Minergie-A e Minergie-P.
Il motivo del passo indietro? Lo spiega il Consiglio di Stato nella nota inviata in mattinata: “Oltre ai recenti segnali mandati dal parlamento ticinese per contenere la spesa pubblica – si legge –, le discussioni emerse a livello federale per frenare le uscite relative ai contributi del Programma edifici inducono a prevedere una diminuzione delle entrate che alimentano i crediti disponibili a favore degli incentivi rispetto a quanto preventivato”. Non solo. A ciò si aggiunge che, “indipendentemente dalle discussioni in corso, le previsioni negli anni a venire delle entrate derivanti dalla tassa sul CO2 vedono un calo dei mezzi a disposizione del Programma edifici, e conseguentemente una riduzione delle entrate a disposizione per i Cantoni”. E quindi: “Data la delicata situazione economica delineatasi sia a livello federale che cantonale, si è proceduto rivedendo l’assegnazione degli incentivi in ambito energetico, al fine di evitare un prematuro esaurimento dei fondi disponibili”. Il programma promozionale in ambito energetico, si ricorda in tal senso, era stato riavviato a inizio anno dal governo per garantire una continuità nelle misure promozionali in questo settore. Programma, viene specificato, “che si fonda su crediti cantonali approvati dal parlamento ticinese, per un importo totale di 127 milioni di franchi, e su importanti entrate derivanti dal Programma edifici, che a sua volta beneficia di parte dei proventi derivanti dalla tassa sul CO2”.
Nell’ottica di perseguire il raggiungimento degli obiettivi delineati dalle politiche energetiche e climatiche, prosegue sempre la nota, l’Esecutivo ha quindi deciso “di indirizzare gli investimenti in ambito energetico prioritariamente al sostegno del risanamento degli edifici esistenti e della conversione di impianti di riscaldamento elettrici diretti o alimentati con combustibili fossili con energie rinnovabili, eliminando gli incentivi a favore dei nuovi edifici realizzati con altissimi standard energetici”. E questo considerato che, “grazie alle modifiche della Legge cantonale sull’energia (LEn) e del relativo Regolamento sull’utilizzazione dell’energia (RuEn) in vigore dal 2024, i nuovi edifici sottostanno a prescrizioni energetiche più restrittive, a favore di una maggiore efficienza energetica rispetto al passato”.
Ampia parte della politica però non ci sta e, nella mozione, chiede al Consiglio di Stato di reintrodurre l’articolo 9 del ‘Decreto esecutivo concernente l’accesso agli incentivi per la decarbonizzazione’, abrogato dalla modifica degli incentivi annunciata oggi. “Questa decisione – sottolineano i deputati negli atti parlamentari – va contro i principi fondamentali della legge sul clima (LoCli), che mira a promuovere la sostenibilità e la riduzione delle emissioni di gas serra. Eliminando gli incentivi, si rischia di rallentare significativamente gli sforzi per costruire edifici nuovi più efficienti dal punto di vista energetico, compromettendo gli obiettivi di riduzione delle emissioni a livello nazionale e cantonale”. Di più. “Questa scelta contraddice anche i principi del Piano energetico e climatico cantonale (Pecc), che identifica il settore edilizio come uno dei pilastri fondamentali per affrontare la sfida energetica e climatica”. Stando ai parlamentari, “rimuovendo gli incentivi si perde un settore strategico che può contribuire in modo importante alla transizione verso un sistema energetico più sostenibile. La costruzione di edifici nuovi con standard elevati, come Minergie-A e Minergie-P, rappresenta infatti un settore importante per ridurre il consumo energetico e le emissioni, e la loro promozione deve essere sostenuta, non penalizzata”.
Le conseguenze dello stop agli incentivi non sarebbero poi trascurabili. “L’impatto di questa abrogazione – sostiene Mobilia – è forte”. E illustra: “Si prevede una significativa riduzione delle certificazioni Minergie-A e -P, con conseguente diminuzione della qualità energetica degli edifici nuovi”. Il che, rimarca, “non solo rallenterebbe i progressi verso un futuro più sostenibile, ma penalizzerebbe anche molti proprietari che avevano scelto di investire in edifici più efficienti, spesso con costi iniziali più elevati ma con benefici a lungo termine in termini di risparmio energetico e comfort. Penalizza soprattutto proprietari con mezzi limitati, in particolari giovani famiglie (e le future generazioni)”. Ripercussioni importanti vi sarebbero poi anche sulle aziende locali attive nel settore del risparmio energetico. “Queste imprese, spesso piccole o medie – afferma il verde liberale –, potrebbero vedere ridotte le opportunità di lavoro e di crescita, poiché meno clienti sarebbero disposti a investire senza gli incentivi. La decisione isola inoltre i Comuni più intraprendenti che promuovono già questi incentivi. Porta confusione e incoerenza nella linea politica”.
Molte poi le domande stilate nell’interrogazione: “La decisione entra in conflitto con la politica energetica e climatica rappresentata dalla LoCli e dal Pecc? Qual è la percentuale di edifici nuovi certificati Minergie-A e -P sul totale di edifici nuovi certificati? È cosciente il Consiglio di Stato che vi sarà una drastica riduzione di edifici certificati Minergie P e Minergie A? E del fatto di creare difficoltà a un settore socioeconomico? Quanti edifici nuovi e per quale importo sono state emesse promesse di pagamento dall’entrata in vigore del decreto esecutivo fino a oggi per quel che concerne l’articolo 9? Quali sono i motivi che stanno alla base di questa decisione? Se vi fosse un problema di riduzione dei fondi disponibili non sarebbe auspicabile inserire delle condizioni come un tetto massimo per edificio? Oppure ridurre l’importo per metro quadro di superficie di riferimento energetico? Oppure arrivare con un nuovo credito quadro nel caso quello esistente si esaurisse? È corretto che un tema centrale come l’incentivazione di nuovi edifici con standard energetici elevati sia modificato radicalmente senza interpellare il Gran Consiglio?”.
A sollevare perplessità, anche la Lea, l’associazione Libertà, energia e ambiente: “Si tratta di una decisione che tradisce le aspettative dei cittadini e dell’economia ticinese, minando gli impegni presi per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità fissati a medio e lungo termine”, si legge nel relativo comunicato. La richiesta dell’associazione di area Plr è chiara: il ripristino progressivo degli incentivi Minergie-A e -P, con criteri mirati e trasparenti. “Venendo meno questi incentivi – scrive la Lea non senza una certa preoccupazione –, il privato avrà molto meno interesse a costruire secondo criteri di efficienza energetica. Il risultato è evidente: meno investimenti, meno lavoro per progettisti, ingegneri, imprese e artigiani, minore indotto per l’intera filiera della costruzione sostenibile”.
Controcorrente l’Udc che, in una nota, fa sapere di aver accolto “con favore” la decisione “di buonsenso” del governo di porre fine a questi incentivi. E scrive: “Pur non essendo abituati a lodare frequentemente l’operato del consigliere di Stato Claudio Zali, riteniamo corretto riconoscere che, quando si prendono decisioni ragionevoli e responsabili, l’Udc è pronta a riconoscerlo pubblicamente. Questa è una di quelle rare occasioni”.