Il governo cantonale risponde alla consultazione federale appoggiando in linea di massima il prolungamento delle protezioni, con però alcune precisazioni
Sul mantenimento dello statuto di protezione S, nonché sul prolungamento del relativo programma, il Consiglio di Stato è bendisposto. Con però alcune precisazioni. Rispondendo alla procedura di consultazione federale, il governo cantonale ricorda in apertura come il Consiglio federale abbia deciso nel settembre dello scorso anno di mantenere in essere lo statuto S fino al prossimo 4 marzo. Allo stesso modo, anche i ministri degli Interni dell’Unione europea hanno già prolungato la protezione provvisoria sino al 4 marzo 2027.
Tre i quesiti specifici formulati da Berna su cui si è espresso l’Esecutivo. In primis, per quanto concerne il mantenimento dello statuto S, “vista l’attuale situazione incerta in Ucraina – si legge nella risposta –, il governo ticinese ritiene il prolungamento di tale statuto condivisibile”. Non solo. “Appare inoltre ragionevole – aggiunge il Consiglio di Stato – l’approccio adottato dai Paesi membri dell’Ue di un prolungo dello statuto S fino al 2027 in modo da avere il tempo di definire le modalità di transizione dallo statuto di protezione temporanea a un altro statuto e a un’altra procedura”. In tal senso, il governo evidenzia che, “così come a livello cantonale l’istituzione del dispositivo d’accoglienza delle persone con statuto di protezione S è stato estremamente oneroso, a dipendenza dalle scelte operate dal Consiglio federale anche il cambiamento di statuto o l’eventuale smantellamento del dispositivo lo saranno in egual misura”. Ragione per cui, viene rimarcato, “è importante che i Cantoni abbiano il tempo necessario per prepararsi a un’eventuale dismissione dello statuto S”.
In secondo luogo, il governo passa al vaglio le proposte delle mozioni Friedli, Würth e Paganini, che in linea di massima appoggia. Più precisamente, riguardo alla mozione Friedli (che mira a limitare la concessione dello statuto S alle persone che risiedono nelle zone colpite dalla guerra escludendo le regioni in cui non vi sono attività belliche in corso) l’Esecutivo cantonale reputa “corretta” la sua applicazione “nei termini definiti dalla Segreteria di Stato della migrazione (Sem), ovvero non definire una lista nominativa delle regioni sicure, bensì descrivere in maniera generale i territori considerati senza minaccia concreta per la vita e l’integrità fisica per le persone”. Quanto alle mozioni Würth e Paganini (che chiedono di adeguare lo statuto di protezione S, e in particolare di non concedere tale statuto, rispettivamente di revocarlo se una persona lascia la Svizzera per un determinato periodo – per esempio 14 giorni –, se una persona ha beneficiato dell’aiuto al ritorno o di un altro tipo di aiuto orientato al ritorno o se lo statuto di protezione S è stato ottenuto in maniera abusiva), il governo afferma che “parte di queste proposte è già applicata nella prassi e nella legislazione attualmente in vigore”. Ciononostante, il Consiglio di Stato dice di condividere “che la durata dei soggiorni in Ucraina o all’estero sia adeguatamente ridotta”. E rileva: “La Sem ha già introdotto la prassi di estinzione dello statuto per soggiorni all’estero di più di due mesi. Inoltre, prevede di modificare da trimestrale a semestrale il periodo di 15 giorni di assenza autorizzata per recarsi nel Paese di origine o di provenienza”. In merito, osserva l’Esecutivo, “i viaggi autorizzati di 15 giorni verso l’Ucraina rappresentano ancora oggi una diversità rispetto ad altre tipologie di permessi di soggiorno”, tra cui il permesso F, “la cui disparità di trattamento, a livello di mobilità individuale, crea malumori e incomprensioni”.
Il governo si dice inoltre favorevole al prolungamento del programma S. E questo “pur giudicando troppo ambiziosi gli obiettivi definiti dal Consiglio federale in ambito di integrazione, in particolare nel mondo del lavoro”. E spiega: “La realtà socio-economica, territoriale e linguistica del Canton Ticino rende estremamente difficile l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone con statuto S, rendendo di fatto impossibile il raggiungimento di tali obiettivi”. Per questo motivo chiede dunque che “gli obiettivi di integrazione siano rivisti applicando loro degli adeguati margini di tolleranza e rispetto delle specifiche situazioni cantonali del mercato del lavoro”.