Il Ceo Raphaël Brunschwig sull'aumento di spettatori, la decrescita controllata della Rotonda e le dichiarazioni e manifestazioni per Gaza
Il dato definitivo è di 154’233 spettatori, in aumento dell’1% rispetto all’anno scorso, di cui 63’085 in Piazza Grande (e qui il confronto con il 2024 segna un +2%). «Credo che ridurre il successo di un’edizione ai numeri sia ovviamente fuorviante, ma anche i numeri sono importanti e i numeri di quest’anno sono positivi», ha dichiarato il Ceo del Festival Raphaël Brunschwig. «Dopo la crescita che abbiamo avuto lo scorso anno, il trend continua a rimanere positivo, anche se in maniera misurata».
Particolarmente positivo il numero degli accreditati, che ha superato i cinquemila, con un 3% in più per i rappresentanti dell’industria cinematografica e addirittura del 13% per giornalisti, critici e fotografi. Questo incremento, ha notato Brunschwig, si è tradotto in una «copertura mediatica molto buona, con delle cose anche fuori dall’ordinario, come la questione di Emma Thompson quando ha detto che avrebbe potuto cambiare il corso della storia americana se avesse accettato l’invito a cena di Donald Trump, ripreso da molti media internazionali».
Aumento importante anche per gli abbonamenti: un +10% che potrebbe aver contribuito al “troppo pieno” di Piazza Grande in alcune serate (alla quale chi ha un pass può accedere senza bisogno di prenotare). «Siamo stati colti anche noi di sorpresa» ha ammesso Brunschwig riferendosi alla serata con Emma Thompson, con diversi spettatori che non sono riusciti ad accedere alla Piazza. «Ma la sera successiva, con Jackie Chan, ci siamo organizzati per tempo». Non si esclude, comunque, l’introduzione dell’obbligo di prenotazione per Piazza Grande, come da alcuni anni avviene per le sale: «Non voglio sbilanciarmi su questo, ma credo che se vogliamo essere responsabili è bene discutere di ogni cosa a freddo nei prossimi mesi».
A proposito di prenotazioni digitali, ci sono stati problemi o difficoltà nella gestione di biglietti e prenotazioni? A Brunschwig non risultano problemi significativi, ma il Ceo ha evidenziato la sfida della sicurezza informatica: «C’è un aumento impressionante di tentativi di messa in difficoltà tramite degli attacchi informatici che arrivano da ogni parte del mondo».
I numeri in aumento, come detto, fanno piacere. Ma la strategia di espansione del Festival in che direzione guarda? In passato si diceva che gli undici giorni di agosto (o in futuro di luglio…) hanno praticamente raggiunto i limiti fisici della città e bisogna lavorare su altri fronti. È anche così? «La crescita è importante, ma non bisogna crescere per crescere» ha risposto Brunschwig. «Bisogna crescere per consolidare e rafforzare la rilevanza e il posizionamento del festival» citando, oltre alla presenza online, anche le attività già in corso a Los Angeles e Milano e la Locarno Residency che si svolge durante l’anno tra Locarno, Venezia, Arles ed Eranos. «La strategia è quella di dire che non siamo solo un evento di undici giorni, ma siamo una piattaforma capace di creare valore aggiunto anche durante l’anno».
A non essere cresciuta è la Rotonda che ha registrato un calo del 7% nelle presenze. Si tratta tuttavia di una «decrescita controllata». «Abbiamo volutamente investito meno nel programma musicale, proprio perché non è la parte principale che facciamo. Vogliamo che sia un accompagnamento e un valore aggiunto, ma non deve prendere la dimensione di un vero festival nel festival». La scelta è motivata anche dalla volontà di ridurre i problemi di rumore in Piazza Grande e dal progetto della Città di Locarno di ridefinire lo spazio come un parco urbano.
Durante il giorno, pur essendo luogo di passaggio tra i luoghi di proiezioni e incontri, la Rotonda rimane un “non luogo”. «Avevamo provato in passato a organizzare lì delle attività di giorno, ma fa troppo caldo» ha spiegato Brunschwig. «È chiaro che quando sarà diventato un giardino urbano si potranno fare delle riflessioni per sfruttare al meglio quello spazio non solo la sera».
Quella che si è appena conclusa è, nella storia recente del Festival, una delle edizioni con maggiore presenza di manifestazioni e dichiarazioni politiche, dal flashmob in Piazza Grande ai numerosi appelli per Gaza sentiti in varie occasioni inclusa la cerimonia di premiazione. «Il festival è un evento culturale che crea una piattaforma aperta dove chiunque può esprimersi, purché si rimanga nell’ambito della legalità» e che, ha spiegato Brunschwig, non venga impedito l’accesso alle sale o disturbate le proiezioni. Al di qua di questa “linea rossa” – «una questione di rispetto per chi paga il biglietto» – «non spetta a noi intervenire».
«I creatori, gli artisti, i registi sono spesso anche degli attivisti» ha sottolineato Brunschwig. «Noi facciamo cultura, non facciamo politica, ma i contenuti sono spesso politici e, come ha detto molto bene Giona (Nazzaro, direttore artistico, ndr), il Festival vuole dare speranza, vuole cambiare il mondo un film alla volta e lo vuole fare creando una piattaforma che permetta a una pluralità di voci di trovare lo spazio per esprimersi».
Sabato sera una manifestazione davanti all’accesso di Piazza Grande ha accusato Ubs di finanziare il genocidio in Palestina invitando il pubblico a boicottare uno degli sponsor del Festival. Questo non potrebbe creare dei problemi? «Siamo grati del fatto che il Festival abbia dei partner che continuano a sostenere con convinzione una manifestazione che dà spazio a voci diverse».