In Svizzera, secondo i dati della Banca nazionale, molti dei creditori della Confederazione sono investitori istituzionali svizzeri: casse pensione, fondi di investimento, banche, assicurazioni, con il 14% del totale in mano a investitori esteri. Sono coloro che detengono i titoli con i quali lo Stato copre il debito pubblico. Quando si dice che il debito pubblico di oggi ricadrà sulle future generazioni, occorrerebbe quindi aggiungere che le future generazioni beneficeranno anche dei titoli di credito sul debito, sia naturalmente sotto forma di beni patrimoniali e infrastrutturali creati con l’indebitamento di oggi, sia anche sotto forma di interessi (rendimenti) sui titoli di credito che le generazioni future erediteranno.
È utile ricordare che nel secondo dopoguerra, durante i cosiddetti Trenta Gloriosi (1945-1975), il debito pubblico è stato un potente strumento di progresso collettivo. In Svizzera nel 1950 il debito pubblico rappresentava ben il 70% del Pil, e la sua graduale riduzione fu possibile grazie alla crescita economica sostenuta dalla spesa pubblica, da investimenti in infrastrutture, istruzione e sicurezza sociale. Senza dimenticare quei 250 milioni di dollari del Piano Marshall di cui la Svizzera beneficiò tra il 1950 e il 1951 come compensazione alla stabilizzazione delle monete europee. Come a dire che il servizio sul debito è sostenibile quando il tasso di crescita del Pil è superiore al tasso d’interesse sul debito.
Quando invece si parla di classe media, oltre al ruolo giocato dall’accesso ai beni di consumo di massa, occorre sempre ricordare il contributo al suo consolidamento garantito dai titoli (di debito) pubblici nella stabilizzazione del risparmio, senza tralasciare la loro importanza nelle strategie di investimento dei fondi pensione. Questo meccanismo virtuoso ha dato segni di cedimento dal momento in cui la stessa classe media, incalzata dalle trasformazioni dei modi di produrre (flessibilità, esternalizzazioni, delocalizzazioni) e dai processi di finanziarizzazione (centralità del valore azionariale, dividendi e rendite speculative), ha iniziato a perdere fiducia nell’azione dello Stato e della spesa pubblica come fattore ridistributivo, avviando la stagione dei populismi. È una svolta che indubbiamente rifletteva l’impreparazione del sistema della sicurezza sociale a far fronte agli effetti sociali delle trasformazioni in atto (precarietà, povertà, bassi salari).
È un fatto che, parallelamente alla delegittimazione del debito pubblico, si sia assistito all’aumento del debito privato. Debito pubblico che, in rapporto al Pil, rimane tra i più bassi del mondo, ma debito privato che, per contro, ci vede i primi in classifica su scala planetaria. Se del primo si parla parecchio con non poca acredine, del secondo ci si dimentica bellamente, anche se dal punto di vista dell’ormai proverbiale padre di famiglia, è assai più problematico. Sia nella forma del debito ipotecario che rappresenta circa 1’200 miliardi di franchi (quasi una volta e mezza il Pil), sia in quella del debito al consumo di cui è permeata la società intera (dalle auto ai dispositivi tecnologici), il debito privato è del tutto funzionale alla crescita economica anche laddove degenera in sovraindebitamento, causando problemi sociali di non facile risoluzione che, guarda caso, richiedono il supporto di operatori sociali formati nelle nostre scuole. Il debito privato ipotecario è talmente funzionale alla crescita economica che, rispetto al debito pubblico, a partire da una certa soglia, ammette l’esenzione dal pagamento dell’ammortamento. Qui, naturalmente, la metafora dello Stato come buon padre di famiglia non regge davvero più, senza con questo voler offendere nessuno. È proprio per questo che non se ne parla, imputando al solo debito pubblico l’origine di tutti i mali, anche quando la sua evoluzione è riconducibile al sostegno ai bassi salari attraverso, in particolare, i sussidi ai premi di cassa malati. E quando si parla di casse malati, si deve parlare del finanziamento dell’intero settore sanitario, che già oggi pesa fortemente sulle economie domestiche, ma che è destinato a gravare ancor più pesantemente sulle generazioni future. E qui, è il caso di ricordare che a beneficiare del finanziamento pubblico sono anche gli ospedali privati (che al Ticino costano tra i 110 e i 130 milioni di franchi all’anno).
Dietro il debito pubblico e il debito privato si delineano i contorni sempre più porosi delle classi sociali e della difficoltà di assicurarne le prerogative e i valori che le permeano. Il rischio è che la classe media perda la sua “medietà” per scoprirsi classe subalterna, lasciando tutto intero un vuoto di rappresentanza che si vuole colmare con l’odio verso lo Stato come garante dell’interesse collettivo.