laR+ I dibattiti

In conflitto tra cuore e ragione

(Ti-Press)

Ho atteso a intervenire nell’interessante dibattito promosso dall’architetto Michele Bardelli sulla decisione della direzione del Locarno Film Festival di sostituire la struttura portante dello schermo in Piazza Grande progettata nel 1971 da Livio Vacchini. Ho atteso perché questo progetto l’ho vissuto in prima persona e la decisione mi coinvolge emotivamente. Mio padre, che ai tempi era membro del comitato del Festival, di cui sarebbe in seguito diventato presidente, fu uno dei primi a intuire la genialità della proposta. D’altra parte ero legato a Livio da un sincero affetto, accresciuto negli anni seguenti da un senso di gratitudine per aver progettato la nostra casa in Valle Verzasca. Un’esperienza dalla quale appresi che l’architettura è sì un’arte, che però deve fare i conti con la realtà (costi, richieste del committente eccetera). Il mio cuore mi spinge pertanto a condividere il disappunto di Michele Bardelli.

La ragione mi induce altresì a chiedermi quali motivazioni abbiano portato la direzione del Festival a operare questa scelta. Dopo aver parlato con i responsabili mi risulta che siano essenzialmente due. La prima di ordine finanziario. La nuova struttura permette di risparmiare 150’000 franchi all’anno per il montaggio e lo smontaggio dello schermo. Essendo stato per quasi un ventennio, fino all’anno scorso, membro del comitato della rassegna, so bene quanto sia difficile fare quadrare i conti e quanto sia necessario risparmiare su ogni voce di spesa. Il secondo motivo riguarda i tempi di montaggio. La nuova struttura richiede una settimana invece di due o due e mezza, grazie all’utilizzazione di una tecnologia più avanzata, che cinquant’anni fa non esisteva. Questo risparmio di tempo è importante nell’ottica di anticipare la rassegna di una decina di giorni, quindi alla fine di luglio, rispettando anche le esigenze di Moon&Stars. Gli esperti di cinema ritengono questa anticipazione necessaria nell’interesse del Festival, perché ad agosto il mondo del cinema va in vacanza e molti ospiti declinano l’invito per ragioni di calendario. Raphaël Brunschwig, direttore operativo del Festival, ha valutato che questi vantaggi giustificassero il “sacrificio” della struttura di Vacchini. Parlo di struttura, perché lo schermo del Festival rimane nella stessa posizione e mantiene le stesse dimensioni. Brunschwig, che ho visto crescere all’interno della manifestazione alla scuola di Solari, è una persona colta e non certo un freddo manager che guarda unicamente alle cifre. Ha quindi operato questa scelta nel nome di un cambiamento a suo avviso necessario. E io non credo che Vacchini si sarebbe messo di traverso di fronte alla necessità di un mutamento.

La direzione del Festival, a mio avviso, ha però compiuto in questa vicenda due errori. Il primo di comunicazione, non spiegando in modo sufficientemente chiaro le ragioni di questa decisione. Il secondo non affidando a un architetto di prestigio il progetto della nuova struttura. Questa situazione mi ricorda i conflitti interiori che ho vissuto durante la vita professionale nel gestire il mio essere giornalista con il cuore e al contempo editore con la ragione. Il primo teso a offrire il miglior giornale possibile, il secondo preoccupato di far quadrare i conti.