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Affinché sia la tecnologia al servizio dell’uomo

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia digitale è presente in ogni aspetto della nostra vita: comunichiamo, lavoriamo, studiamo e perfino amiamo attraverso Internet. Ma con questa rivoluzione digitale sono nate anche nuove forme di disuguaglianza, controllo e ingiustizia. Per questo oggi è fondamentale parlare di diritti umani in relazione alla tecnologia. Non possono essere considerati due temi distinte.

Internet e le tecnologie digitali hanno aperto possibilità immense, ma anche rischi seri. I nostri dati personali vengono raccolti e analizzati in continuazione, molto spesso senza il nostro pieno e consapevole consenso. I social media influenzano le opinioni pubbliche, gli algoritmi decidono cosa vediamo e cosa no. In tutto questo, chi protegge o garantisce il nostro diritto alla privacy, la libertà di pensiero e la non discriminazione?

Il rischio maggiore è quello di vivere in una società in cui le decisioni importanti – dal lavoro ai prestiti bancari, per citare degli esempi – vengono prese da sistemi automatici, senza trasparenza e senza possibilità di difesa. Ma soprattutto senza considerare la specificità di ognuno di noi. Ci sono già casi documentati di algoritmi, usati prevalentemente in guerra e quelli capaci di discriminare le persone in base al colore della pelle, al genere, o alla provenienza. Questo non è solo un problema tecnico: è un problema di giustizia; di diritti umani appunto.

Il professor Antonio Cassese, deceduto una quindicina di anni fa e stimato docente universitario dalla penna fine sul tema dei diritti umani, oltre ad averci lasciato un’importante eredità sul tema dei diritti, sosteneva che i diritti umani devono continuamente adattarsi ai tempi, altrimenti perdono di valore. Oggi più che mai, non solo nei Paesi più avanzati, ma a livello globale, servono nuove regole e nuove tutele. Non possiamo aspettare che siano le grandi aziende tecnologiche, con le casse piene di miliardi di dollari, a decidere. I diritti devono entrare con forza nel dibattito tecnologico e assumere un ruolo di primaria importanza sia per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale che nell’organizzazione dei social, ma anche nel campo della sorveglianza e della privacy. Per questi motivi l’educazione scolastica è chiamata ad assumere un ruolo fondamentale anche in questo campo. Bisogna insegnare ai ragazzi come noi a conoscere i propri diritti digitali, a difendersi dalle manipolazioni online, a usare la tecnologia in modo consapevole e rispettoso degli altri. La scuola deve diventare uno spazio in cui si parla anche di etica digitale, di responsabilità, di verità o di fake news. Un altro punto importante è la partecipazione. Le decisioni sul digitale non possono essere prese solo da esperti o tecnici del settore. Come quando si fa un progetto territoriale, in cui le differenti discipline devono considerare i vari aspetti del progetto: dall’architettura, al traffico, alla natura, al paesaggio ecc.

La democrazia digitale non è solo un sogno: è una necessità. C’è la forte necessità di costruire uno “spazio digitale” in cui la libertà, la sicurezza e l’uguaglianza siano davvero garantite. E per farlo, è fondamentale portare i diritti umani al centro della discussione. Non possiamo permettere che la tecnologia diventi uno strumento di esclusione, di controllo o, peggio ancora, di abuso. I diritti digitali sono una nuova frontiera, una nuova ramificazione dei diritti umani e come tali vanno difesi con la stessa forza con cui difendiamo la libertà di parola, l’uguaglianza sul lavoro o il diritto all’istruzione. Non possiamo pensare al progresso solo in termini di velocità o innovazione. Il vero progresso è quello che non dovrebbe lasciare indietro nessuno. È fondamentale che la tecnologia sia messa davvero al servizio dell’uomo e non viceversa.