Nella sua opinione, pubblicata martedì 16 settembre sulle pagine de laRegione, il presidente del Plr ticinese Alessandro Speziali non perde l’occasione di strumentalizzare le donne per esprimersi sull’omicidio di Charlie Kirk, e – come Gruppo Donne USS – non possiamo davvero tacere. Non vogliamo entrare nel merito della vicenda di Charlie Kirk, sulle cui “idee impopolari” – a detta di Speziali – si potrebbe in ogni caso dire molto. Ciò che riteniamo però inaccettabile è il paragone scelto dal presidente del Plr, ossia l’accostamento tra chi sostiene che Kirk “se la sia cercata” e chi dice lo stesso di una donna molestata per come era vestita. Un simile parallelismo è inaccettabile. Le donne che subiscono molestie o violenze lottano da anni contro la cultura del victim blaming, che colpevolizza la vittima invece dell’autore dell’aggressione. Si tratta di un meccanismo profondamente radicato, che ferisce due volte: prima nella violenza subita, poi nella delegittimazione sociale che ne segue. Usare questa realtà dolorosa come metafora in un dibattito politico estraneo alle nostre rivendicazioni significa banalizzare, svuotare di senso e strumentalizzare una battaglia che appartiene a migliaia di donne, sindacati e associazioni femministe, che ogni giorno si impegnano affinché cambi una mentalità radicata con forza nelle menti dei più, e con essa le leggi e le condizioni in cui le donne si trovano a dover vivere e lavorare. Tanto più grave ci pare che questo paragone arrivi da un partito che – nella pratica politica – sistematicamente si oppone a ogni tentativo di miglioramento della condizione femminile sul posto di lavoro e nella vita privata. Dalla riduzione del divario salariale alla conciliazione tra lavoro e famiglia, dalla lotta contro la precarietà a controlli più stringenti sulle aziende in materia di parità – senza dimenticare lo strenuo sostegno all’innalzamento dell’età pensionabile. Non si possono rifiutare le rivendicazioni delle donne e, allo stesso tempo, appropriarsi delle nostre argomentazioni quando torna utile per delegittimarci, sminuirci o spostare l’attenzione su tutt’altro. Chiediamo rispetto per le nostre lotte. Il femminismo non è un serbatoio di immagini e slogan da cui attingere a piacere per rafforzare un’argomentazione politica, ma un impegno reale per la dignità, la sicurezza e la parità. Se davvero si vuole contribuire a una società più giusta, la strada non è l’appropriazione strumentale, ma l’ascolto delle nostre istanze e il sostegno alle nostre rivendicazioni.