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I Don Chisciotte della politica cantonticinese

Sono al secolo Sergi e Pronzini. Il primo già docente in pensione, e quindi con le spalle ben coperte, il secondo sindacalista, attivo non ho ben capito in quale sindacato e in che ruolo, e quindi teso a difendere posizioni spiccatamente antipadronali. Entrambi rappresentano l’Mps (Movimento per il socialismo), e siedono in Gran Consiglio. “Movimento”, vocabolo che in politica dovrebbe significare qualcosa di dinamico, non statico, volto a coinvolgere più persone, mentre la preposizione “per il socialismo” è pleonastica, esistendo già il Partito socialista e diversi altri partitini di sinistra. E quindi il movimento come tale, dalla sua creazione, mi sembra marci sul posto. E allora ci si potrebbe chiedere che ci sta a fare sto movimento. La risposta scaturisce dalle azioni stesse promosse dal tandem facinoroso; quelle cioè di pescare nel torbido (sic), d’intrufolarsi in processi in fase d’istruzione, senza conoscerne gli incartamenti, con l’intenzione, anche se piuttosto remota, di anticipare le sentenze. Come pure la recente trovata della convocazione di una seduta straordinaria del Gran Consiglio, rivelatasi inutile e costosa, con la complicità, bisogna dirlo, di 37 granconsiglieri poco avveduti. Incresciosi, poi, sono gli attacchi personali su questioni private a politici di altri partiti, volti a mettere in cattiva luce e a ingigantire peccati veniali. Un po' come Don Chisciotte che scambiava i mulini a vento per giganti. L’impressione che se ne ricava è quella di avere a che fare con degli azzeccagarbugli, le cui azioni camuffate da buone intenzioni, hanno solo lo scopo di cercare l’approvazione del pubblico scontento e deluso dell’attuale compagine governativa e dei rappresentanti in Gran Consiglio, quindi contro l’autorità costituita. Come se costoro possedessero delle capacità taumaturgiche per risolvere i complessi problemi, di cui sono costellate le amministrazioni pubbliche. Alla luce di quanto propongono ritengo che, in generale, si dà loro troppo peso, poiché il loro agire risponde, nella maggior parte dei casi, all’assioma, secondo cui, parlino bene, parlino male purché se ne parli.