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I tre motivi per cui stavolta ce la faremo

Alle 20.20 la Nazionale torna in pista per contendere agli Stati Uniti il titolo mondiale. Sarà durissima, ma ci sono buone ragioni per essere ottimisti

Cresce l’attesa
(Keystone)
25 maggio 2025
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Per la quarta volta negli ultimi dodici anni la Nazionale è in finale ai Campionati del mondo. E se nelle precedenti edizioni in cui è arrivata in finale nel nuovo secolo – ovvero 2013, 2012 e 2024 (l'altra fu nel lontanissimo 1935) – la Svizzera si è sempre dovuta accontentare della medaglia d'argento, stavolta ci sono buone ragioni per essere ottimisti: infatti, fin qui la selezione di Patrick Fischer è stata la più costante, la più precisa e quella difensivamente più forte di tutto il torneo. In altre parole, il titolo mondiale sarebbe un qualcosa di logico.

Ma, sul serio, il 25 maggio del 2025 diventerà il più grande giorno nella storia del nostro hockey? Per saperlo dovremo attendere fino a stasera, intorno alle 23, quando sapremo se la Svizzera diventerà per la prima volta campionessa del mondo. E ci sono ben tre motivi per credere che ciò sia possibile.

La Svizzera è la squadra migliore – Nessuna delle 15 altre partecipanti ai Mondiali di Herning e Stoccolma è stata in grado di convincere più della Svizzera durante il torneo, sia in attacco che in difesa. Michael Fora e compagni hanno subito finora solo 9 gol nelle 9 partite disputate, un risultato a dir poco incredibile. Ben cinque volte Genoni e Charlin non hanno subito neppure un solo gol, ed è successo pure in semifinale contro la Danimarca. Anche in attacco la Svizzera può vantare cifre record: pur amplificato dal clamoroso 10-0 agli ungheresi, gli elvetici hanno totalizzato fin qui 47 gol, con una media impressionante di 5,2 reti a partita. Attenzione, però: da questo punto di vista gli statunitensi non sono certo da meno, siccome nel loro cammino hanno trovato la via del gol 45 volte, pur a fronte di 18 reti subite.

La Svizzera ha una minor dipendenza dalle stelle Nhl – Un anno fa, ai Mondiali in Repubblica Ceca, c'era stata una vera e propria dimostrazione della superiorità delle star rossocrociate sbarcate dalla Nhl rispetto al resto del gruppo. Quella Svizzera dipendeva dal talento di Kevin Fiala, dall'aura di Roman Josi e dall'intelligenza di gioco di Nico Hischier, e ha funzionato, a lungo, fino alla finale contro i padroni di casa: in quell'occasione i cechi hanno trovato il modo per neutralizzare le stelle rossocrociate, e nessuno dei loro compagni ha saputo subentrare per aiutarle. A Herning e Stoccolma la selezione messa in pista da Patrick Fischer appare più equilibrata. L'importanza di gente come Kevin Fiala, Nino Niederreiter, Timo Meier, Jonas Siegenthaler, Janis Moser o dell'infortunato Hischier non è ovviamente in discussione, ma quando si parla della produzione offensiva la dipendenza nei loro confronti è minore, basti dire che il miglior marcatore prima della finale è un attaccante che gioca nel Rapperswil, ovvero Tyler Moy (12 punti), seguito da Denis Malgin dello Zurigo (11). Quanto alle reti, anche in quel caso il miglior realizzatore è un ragazzo che gioca in Svizzera, Sven Andrighetto (7).

La Svizzera può vantare una concentrazione incredibile – Vista dall'esterno, la Nazionale sin dall'inizio del Mondiale si è mostrata piuttosto cauta riguardo agli obiettivi. «Non vogliamo guardare troppo avanti e affrontiamo ogni partita passo dopo passo», continuavano a ripetere sia Fischer, sia i suoi giocatori. Dopo aver portato a termine una fase di preparazione che era già buona di per sé, nella prima settimana del Mondiale è cresciuta la convinzione che anche quest'anno fosse possibile realizzare qualcosa di grande. Una certezza ulteriormente aumentata dopo gli arrivi dal Nordamerica di Fiala e Niederreiter. L'assenza di capitano Hischier, vittima di uno sfortunato infortunio nella quarta partita del girone contro la Germania, ha colpito duramente il gruppo, tuttavia lo staff e i giocatori hanno affrontato il problema, reagendo al contraccolpo in modo davvero impressionante. Di ciò va dato in gran parte merito a Fischer e ai suoi assistenti. Un gruppo del genere dà l'impressione di essere pronto a qualsiasi possibile scenario, sia tatticamente, sia a livello mentale. Quel che gli manca è soltanto la vera consacrazione, cioè il titolo mondiale.