Nella prima giornata di processo alle Criminali di Locarno si sommano le nuove versioni dei fatti da parte dei tre imputati
I fatti riportati nell'atto d'accusa da una parte e, dall'altra, i “non ricordo” o le versioni fra loro discordanti nelle parole dei tre imputati: l'omicida, su cui grava l'accusa principale di assassinio; la sua ex collega di lavoro, che gli procurò il contatto per ottenere l'arma del delitto; e l'uomo che materialmente mise nelle mani dell'omicida la Glock. Non è una giornata semplice, quella che sta vivendo il giudice Amos Pagnamenta alle Criminali di Locarno in Lugano per il processo riguardante l'omicidio dell'ex custode del centro scolastico dei Ronchini di Aurigeno, avvenuto esattamente due anni fa durante una giornata di lezioni, quindi potenzialmente sotto gli occhi degli allievi.
Dall'inchiesta condotta dal pp Roberto Ruggeri sono infatti emerse circostanze inoppugnabili in merito a tutte le fasi precedenti alla tragedia, mentre oggi – ma anche prima, durante tutta l'inchiesta – si sono sprecate versioni su versioni su praticamente ogni elemento. Innanzitutto l'omicida ha sempre sostenuto di non voler uccidere il nuovo compagno della ex moglie (che aveva iniziato a lavorare ai Ronchini), ma soltanto spaventarlo, al limite sparandogli alle gambe, ma mai al “bersaglio grosso”. Il motivo dell'acredine, diventata nel tempo un'ossessione, era la mancanza di comunicazione fra l'omicida e l'ex moglie, con al terzo vertice del triangolo la vittima, che secondo il suo assassino faceva di tutto per mettere dei paletti, complicare i rapporti con la donna e anche con i figli.
Il principale imputato è difeso dall'avvocato Fabio Bacchetta-Cattori; la donna dall'avvocato Matteo Poretti; e il fornitore dell'arma da Gianluigi Della Santa.
Il dibattimento è programmato su 5 giorni. La sentenza dovrebbe pertanto giungere nella giornata di venerdì prossimo.