Ha ragione Jacopo Scarinci nel suo editoriale di venerdì 11 aprile: i ticinesi hanno ben altro a cui pensare che alle “scaramucce” tra Udc e Lega. Le bollette crescono, i premi di cassa malati costano sempre di più, i figli da mandare agli studi, le imprese che faticano e la politica sembra spesso lontana. Ma si sbaglia, e di grosso, quando riduce l’attuale discussione a una mera spartizione di cadreghe.
La storia recente ci offre un esempio prezioso: Marina Masoni, recentemente intervistata dal Cdt. Forse la consigliera di Stato più ricordata per la sua personalità e il coraggio. Perché? Perché portava idee, visioni, progetti. E, soprattutto, il coraggio di perseguirli, anche rischiando l’impopolarità. Non faceva calcoli, ma politica nel senso più alto: quella che prova a cambiare davvero le cose.
Non è da oggi che sostengo che il Consiglio di Stato sia “Il governo del Mulino Bianco”. Un esecutivo che amministra, ma non governa. Che accompagna, ma non guida. Chiedo a chi legge: provate a ricordare, senza consultare Google, una grande riforma lanciata negli ultimi 10-12 anni. Difficile trovarne. Qualche timido intervento fiscale, poi il nulla. E intanto i problemi crescono: deficit strutturale, debito pubblico in salita, boom di dipendenti statali, una scuola che arranca, costi sanitari fuori controllo, mobilità congestionata. Tutti si lamentano, ma il governo sonnecchia.
È per questo che non posso condividere l’analisi di Scarinci. L’Udc da anni propone soluzioni, dentro e fuori le istituzioni. Lo fa con iniziative popolari, a volte in solitaria, sempre più spesso con altri partiti: dal referendum finanziario obbligatorio al Decreto Morisoli, dall’iniziativa ‘Prima i nostri’ al referendum contro la ‘Scuola che verrà’ alle varie iniziative di riforma nell’ambito educativo, fino alla recente proposta ‘Stop all’aumento dei dipendenti cantonali’. Non sono chiacchiere: sono proposte concrete per rispondere a problemi reali dei cittadini. Ma lo diciamo chiaramente: molte di queste idee fanno fatica a diventare realtà dal solo parlamento. È anche per questo che riteniamo importante che l’Udc possa entrare in governo. Non per sedersi su una sedia, ma per portare finalmente in Consiglio di Stato quelle ricette che oggi restano solo sulla carta e per provare a creare nuove dinamiche in un governo, a detta di molti oramai, apatico e stanco. Poi i cittadini ci misureranno.
La diatriba con Claudio Zali? Una discussione muscolosa, sì, ma sulle idee. Non è una lotta per poltrone, ma la volontà di costruire una presenza della destra vera in governo che sia coerente con i suoi elettori. Vogliamo rappresentare i nostri valori anche nell’esecutivo, non solo al momento di raccogliere voti e lo faremo se le cittadine e i cittadini ce ne daranno la possibilità. Presto parlarne due anni prima delle elezioni? Forse sì, ma anche se lo facciamo ora il nostro impegno nel portare avanti i vari progetti in Gran Consiglio e mediante iniziative popolari non cambia. Ve lo assicuro.