laR+ IL COMMENTO

La lezione disattesa di un governo che mira soltanto a rimanere a bordo

L’ennesima prova: in Consiglio di Stato prevalgono i calcoli di convenienza, personale e partitica. Convenienza che fa rima con connivenza

In sintesi:
  • Per questo governo ogni forma di riflessione politica di carattere generale e astratta rimane un traguardo inarrivabile
  • I tre esponenti dei partiti storici (Plr-Ps-Centro) si sono fatti sfuggire, per mancanza di coraggio, l’opportunità di delineare una nuova maggioranza
(Ti-Press)
10 luglio 2025
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Sostiene Manetti – Stefano Manetti, avvocato, notaio e membro della Commissione di esperti indipendenti per l’elezione dei magistrati – che “la modifica di un atto normativo di durata indeterminata e di carattere generale e astratto (come il Regolamento sull’organizzazione del Consiglio di Stato, ndr) non è assimilabile alla concreta decisione di avallo delle assegnazioni dipartimentali” (laRegione, 5 giugno 2025). L’eventuale revisione di un atto normativo astratto implicherebbe, sostiene Manetti, che i membri dell’esecutivo procedano “come un legislatore” e diano risposta a tutta una serie di quesiti “che investono la sua portata generale”.

Nulla, o quasi, di tutto ciò ha fatto il Consiglio di Stato, stando al comunicato piuttosto scarno e confuso con cui ha bocciato l’arrocco voluto dalla Lega (“non ci sono le condizioni per procedere in questa direzione”, si legge). L’impressione è che i membri dell’esecutivo non siano stati in grado di cogliere il significato profondo della lezione offerta dall’esperto. Fatto sta che per questo governo ogni forma di riflessione politica di carattere generale e astratta rimane un traguardo inarrivabile: a prevalere all’interno del Consiglio di Stato sono perlopiù i calcoli di convenienza, personale e partitica. Convenienza che fa rima con connivenza. Così, dopo essersi rincorsi a vicenda per giorni, i membri dell’esecutivo hanno infine partorito il “compromesso” – nonché grande pasticcio amministrativo – in cui ognuno, in teoria, riesce a salvare la faccia, ma dove nella pratica la perdono tutti.

Con ordine. I tre esponenti dei partiti storici (Plr-Ps-Centro) si sono fatti sfuggire, per mancanza di coraggio, l’opportunità di delineare una nuova maggioranza in governo, mettendo all’angolo i due arrocchisti. Per Norman Gobbi e Claudio Zali, invece, la cessione parziale di alcuni dossier non rappresenta altro che l’ammissione tacita del loro fallimento. In particolare per il presidente del governo, la conclusione a cui è giunto il Consiglio di Stato appare come un vero e proprio atto di sfiducia nei suoi confronti che ricorda – anche per la codarda modalità comunicativa adottata – quanto avvenuto a marzo 2024, quando la responsabilità politica della Polizia cantonale era stata temporaneamente affidata al direttore del Dt, a seguito dell’apertura del procedimento penale per il prospettato reato di favoreggiamento che ha portato al rinvio a giudizio di due agenti. Sentito dal procuratore generale in qualità di persona informata sui fatti nell’ambito delle inchieste ex Macello e Hospita, committente dell’indagine parallela su Eolo Alberti, ecco il direttore del Di che ora è costretto a ridimensionarsi, privo di Magistratura e Polizia fino alla fine di questa legislatura. A condurre tali settori dal 1° settembre sarà Zali, di recente sentito anche lui qualche volta dal pg per delle vicende private che l’hanno reso un soggetto ricattabile pure nel campo della sua attività pubblica.

Se ci fosse una classe politica in grado di percepire la gestione istituzionale quale facoltà delegata e non una sua prerogativa, si sarebbe potuto pretendere – come sostiene Manetti – che in tutto questo processo i consiglieri di Stato si fossero perlomeno chiesti come mai, per decenni, non è stato contemplato nessun tipo di permuta dipartimentale (se non in casi estremi: Masoni, Pesenti, Gobbi) a “treno in corsa”. Purtroppo, però, per gli uomini e le donne al potere ciò che conta oggi è soltanto rimanere a bordo.